Panama Papers, il cerchio si stringe sui presunti evasori. Voluntary disclosure bis

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Voluntary disclosure bis

PanamaPapers, il cerchio si stringe sui presunti evasori.

Nove mesi dopo lo scandalo dei Panama Papers, il cerchio si stringe sui presunti evasori fiscali italiani. L’Agenzia delle Entrate ha avviato accertamenti su 700 nominativi emersi dalle carte dello studio legale panamense Mossack Fonseca trafugate da un ignoto whistleblower e consegnate ai giornalisti del quotidiano tedesco Sueddeutsche Zeitung.

Il 3 aprile dello scorso anno, i documenti erano stati pubblicati in contemporanea da 100 giornali di tutto il mondo aderenti al Consorzio internazionale giornalisti investigativi. Da allora, sui Panama Papers sono state pubblicate più di 4.700 inchieste in tutto il globo.

La più grande collaborazione fiscale della storia
Dalla più grande operazione di network giornalistico di tutti i tempi è nata la più grande collaborazione tra agenzie fiscali della storia, quella che si sta concretizzando in questi mesi all’interno del Jitsic, la Joint international taskforce on shared intelligence and collaboration, una task force dell’Ocse che raggruppa 36 amministrazioni fiscali di tutto il mondo. Già pochi giorni dopo la pubblicazione dei Panama Papers, l’Ocse aveva deciso di coinvolgere il Jitsic per avviare lo speciale programma di collaborazione tra i paesi aderenti all’organizzazione. Le riunioni si sono susseguite in questi mesi e il 16 e il 17 gennaio a Parigi i rappresentanti di 30 amministrazioni fiscali hanno condiviso le loro conclusioni sulle indagini sui Panama Papers. Informazioni che hanno riguardato anche il ruolo degli intermediari fiscali, delle istituzioni finanziarie, dei consulenti, degli avvocati e dei commercialisti che hanno favorito o costruito gli schemi di evasione ed elusione fiscale. Si tratta di elementi fondamentali per comprendere i meccanismi alla base dei Panama Papers.

La strategia di collaborazione multilaterale sta dando i primi frutti anche per quanto riguarda l’Italia. Il numero di 700 nominativi sotto la lente dell’Agenzia delle Entrate, infatti, è destinato a crescere ed è la stessa agenzia fiscale italiana a precisare in una nota che «sono stati raggiunti significativi risultati, incluso lo sviluppo di approcci omogenei per richiedere le informazioni tra i partner dei trattati, ed è stata approfondita la conoscenza delle varie tipologie di evasione fiscale messe a punto dagli intermediari fiscali e delle nuove tecniche di analisi dei dati». Progressi importanti sono stati ottenuti «anche per l’attività di compliance, con oltre 1.700 controlli e verifiche effettuati sui contribuenti, più di 2.550 richieste di informazioni e l’individuazione di una lista target di 100 intermediari».
Non solo. Un ulteriore effetto positivo è rappresentato dal fatto che un cospicuo numero di contribuenti si è fatto avanti spontaneamente per dichiarare al Fisco le proprie operazioni offshore. «La riunione della task force ha visto il più grande scambio di informazioni simultaneo mai realizzato prima d’ora, basato sugli strumenti giuridici concordati nell’ambito della Convenzione Multilaterale Ocse – Consiglio d’Europa e dei trattati fiscali», sottolinea l’Agenzia delle Entrate.

Inchieste aperte in mezzo mondo
La pubblicazione dei Panama Paers ha scatenato un vero ciclone in tutti gli angoli del mondo. L’iniziativa delle agenzie fiscali internazionali, infatti, si aggiunge alle 150 indagini partite in 79 paesi. Sotto inchiesta sono finiti almeno 6.500 contribuenti, tra persone fisiche e società, e sono stati finora recuperati 110 milioni di dollari di imposte non versate, cifra destinata chiaramente ad aumentare a meno a mano che le inchieste verranno chiuse nei diversi paesi.
Negli Stati Uniti un’indagine sui presunti evasori fiscali è stata aperta dall’ufficio del procuratore distrettuale di New York. In Asia il parlamento di Taiwan ha adottato nuove misure sull’elusione fiscale in seguito alla diffusione dei Panama Papers. In Nuova Zelanda il governo ha aperto un’inchiesta sull’utilizzo fraudolento dei trust e ha annunciato una nuova legge per tappare le falle che fanno di questi strumenti un veicolo formidabile di evasione fiscale. Perfino Panama si è vista costretta ad approvare nuove norme sulle società offshore e a edntrare nella lista dei paesi che scambieranno automaticamente informazioni fiscali.
Le conseguenze non sono mancate neppure in Europa, dove lo scorso ottobre il ministro delle Finanze irlandese ha proposto una nuova legge per combattere l’evasione fiscale. A novembre, invece, il ministro delle Finanze tedesco, Wolfgang Schäuble, ha proposto una nuova legge – subito denominata “Legge Panama” – per aumentare le pene per evasione fiscale e per rafforzare gli obblighi di trasparenza nei rapporti tra le società tedesche e le società scudo nei paradisi fiscali.

Migliaia di presunti evasori fiscali sono finiti sotto inchiesta anche in Gran Bretagna, Canada, Francia, India e Pakistan. In Islanda sono più di 100 i nominativi sotto inchiesta e 46 casi di presunta evasione fiscale sono arrivati in giudizio. In Gran Bretagna le persone sotto inchiesta erano 22 fino allo scorso dicembre mentre per altre 46 si sono accesi i riflettori dei magistrati. In Canada sono 85 i soggetti al centro di indagini penali e fiscali, in Francia sono 560 mentre 415 soggetti sono incappati nella giustizia in India e 20 in Pakistan. A questo si aggiunge la commissione d’inchiesta sui Panama Papers istituita lo scorso giugno dal Parlamento europeo mentre a novembre l’Europol ha rivelato di aver rintracciato ben 3.469 punti di contatto tra i documenti dei Panama Papers e i nominativi contenuti nei file sulle organizzazioni criminali dell’agenzia d’investigazione europea.

Il ruolo delle fughe di notizie
Osservando questi numeri non si può dire che la rivelazione dei documenti sottratti dai server della Mossack Fonseca sia stata inutile. Anzi. A ben guardare, gli ultimi sviluppi annunciati dall’Agenzia delle Entrate italiana sui 700 nominativi sotto osservazione sono il segno tangibile di quanto le fughe di notizie degli ultimi anni abbiano svolto una funzione importante nella lotta all’evasione fiscale internazionale. OffshoreLeaks, SwissLeaks, Panama Papers e BahamasLeaks hanno rivelato al mondo l’esistenza di un sistema collaudato che fa perno sui paradisi fiscali per dribblare il pagamento delle imposte.
Le conseguenze sono state positive anche sul piano della giurisprudenza. Dopo la pubblicazione della Lista Falciani, ad esempio, alcune sentenze della Corte di Cassazione hanno stabilito la liceità dell’utilizzo del materiale trafugato per avviare inchieste penali e fiscali. Novità che, naturalmente, non sono state accolte positivamente dai presunti evasori fiscali, ma che rappresentano un punto a favore per la collettività che ogni anno vede sparire almeno 110 miliardi di euro di imposte solo in Italia.

di Angelo Mincuzzi – Ilsole240re

 

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