Dal rosso di Montepulciano al trust Le tracce della famiglia Cragnotti

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Bersi un bicchiere di ottimo rosso, osservare l’etichetta, il nome della cantina e chiedere informazioni all’oste. Poi, scoprire che la curiosità non è del tutto soddisfatta. E allora la ricerca si allarga. Viene fuori il nome di un trust in Scozia, dove sono custoditi beni per milioni di euro della signora Flora Pizzichemi. E poi figlio e genero ancora indicati al vertice delle holding di uno storico crac da 1,2 miliardi. Infine si arriva a un certo Vinicio Fioranelli, spregiudicato faccendiere con base in Svizzera.
Tutto ciò è ancora più interessante se si considera che: 1) la signora Pizzichemi è la moglie di Sergio Cragnotti, il finanziere condannato in primo grado a 9 anni per il crac Cirio, e del trust in Scozia non si era mai saputo nulla; 2) suo figlio, Andrea Cragnotti, e il genero, Filippo Fucile, risultano ancora, a sfogliare i bilanci, come consiglieri di Cirio Holding e Cirio Finance, le due finanziarie lussemburghesi da cui partì la raffica di bond-spazzatura all’origine del crac; 3) Fioranelli ha fatto affari (e forse da prestanome) con i Cragnotti in una tenuta a Montepulciano in Toscana ma è noto alle cronache per una tentata scalata alla Roma che gli procurò un arresto (aggiotaggio) e poi il patteggiamento a 1 anno e 8 mesi.
Il mistero della proprietà
L’inizio è casuale: la scelta, appunto, di una bottiglia di Rosso di Montepulciano della cantina Corte alla Flora. «Una tenuta bellissima – dice l’oste senese –. Era della famiglia di Cragnotti, l’arrestarono proprio lì e la moglie aveva nascosto i documenti in una cassapanca». «Era» di Cragnotti? E oggi? La società, acquistata dalla famiglia alla fine degli anni 80, ha appena risolto antiche pendenze con la Cirio chiudendo una vertenza aperta dai commissari straordinari. Costo: quasi 300mila euro. I tre figli di Cragnotti gestiscono l’azienda che però da gennaio di quest’anno ha dovuto fare a meno di uno dei sindaci, Corrado Fabbriziani, appiedato (e condotto in carcere) da un’inchiesta romana su una maxi evasione fiscale, cosa che avrebbe un po’ scosso i vertici della Bcc di Montepulciano, erogatrice di un finanziamento da un milione. Ma andiamo al punto: di chi è la tenuta, chi sono insomma i produttori di questo rosso «di rara e turgida nitidezza enologica esecutiva», secondo la sobria definizione di un famoso critico. Un ginecologo ha una piccola quota ma oltre un quarto del capitale è della Diamond Lake inc. Gente del posto? Macché, è una finanziaria che sta a Panama, paradiso fiscale per eccellenza. Uno di quegli schermi tanto cari alla Cragnotti & Partners degli anni 90. Ci sarà l’ex presidente della Lazio e della Cirio lì dietro? La maggioranza di Corte alla Flora è oggi in mano a un trust di diritto scozzese costituito dalla moglie di Cragnotti. E’ domiciliato a Edimburgo, lo statuto prevede la possibilità di incrementare il patrimonio attraverso ulteriori conferimenti e i tre figli sono i beneficiari. Il tutto con il sigillo formale e di legittimità del vice console italiano a Edimburgo. A lungo però il titolare di riferimento di quei 90 ettari sulle colline di Montepulciano è stata la «Fio Immo ag», finanziaria svizzera di Vinicio Fioranelli. Il finanziere che cinque anni fa spacciò per scalata alla Roma una rocambolesca operazione di aggiotaggio, tenne la quota dei vigneti di Montepulciano giusto il tempo che si celebrasse in tribunale il processo Cirio. E quando la signora Pizzichemi ne uscì assolta (luglio 2011), Fioranelli vendette la quota proprio alla moglie di Cragnotti, quasi fosse stato un parcheggio in attesa degli eventi (e dei temuti risarcimenti).
La cassaforte in Scozia
Ora la famiglia, saldato da poco il conto da 300mila euro con Cirio, liquidato già da un pezzo Fioranelli, è tornata compatta a gestire i vitigni di queste terre argillose la cui proprietà nel frattempo è volata in Scozia. Resta irrisolto il mistero dei cda in Lussemburgo. I commissari straordinari del gruppo Cirio dicono che sono loro i legali rappresentanti e che Cirio Holding e Cirio Finance non hanno alcun cda in carica. Siccome non può essere che così, da 10 anni (2014 compreso) c’è qualcuno che fa lo scherzo di compilare e depositare nei registri pubblici bilanci ufficiali che indicano ancora in carica i vecchi amministratori dell’era Cragnotti responsabili dei bond-spazzatura. Meglio dimenticare, con un bicchiere del rosso toscano di un trust scozzese.

Fonte : CORRIERE.IT

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