Illegittima interruzione della fornitura di energia elettrica – Risarcibilità del danno esistenziale in favore dell’utente determinato in via equitativa.

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Illegittima interruzione della fornitura di energia elettrica – Risarcibilità del danno esistenziale in favore dell’utente determinato in via equitativa.

 La sospensione della fornitura di energia elettrica da parte del gestore, in danno dell’utente, senza un valido motivo, fa sorgere in capo a quest’ultimo il diritto al risarcimento per i danni subiti dalla mancata prestazione contrattuale, consistente nella fornitura.

Dalla disanima della sentenza si distinguono due fattispecie.

Nell’una il distacco era dovuto al mancato pagamento di una fattura, la lettera di costituzione in mora in uno all’avviso d’interruzione del servizio era stato inviato dalla  società presso l’indirizzo di fornitura, anziché presso la residenza.

Nell’altra, invece, il secondo distacco veniva effettuato nonostante l’utente, dopo aver presentato reclamo e avesse effettuato il pagamento.

Nella prima delle due fattispecie, la S.C. ritiene che non ricorrano gli estremi per individuare l’inadempimento imputabile alla società, in ragione dell’elezione di domicilio comunicata in sede di stipula del contratto.

Mancando un’espressa e chiara volontà contraria dell’utente, nulla ostava a che gli atti inerenti al rapporto contrattuale vengano trasmessi al diverso indirizzo riferibile alla parte medesima, a conforto di quanto sopra, la Corte richiamava la Sent.  Cass., 30 giugno 2005, n. 14011.

Secondo l’art. 1335 c.c. la proposta, l’accettazione, la loro revoca ed ogni altra dichiarazione diretta ad una determinata persona si reputano conosciute nel momento in cui giungono all’indirizzo del destinatario, se questi non prova di essere stato, senza sua colpa, nell’impossibilità di averne notizia.

Quanto, invece, al secondo distacco avvenuto, avvenuto nonostante il reclamo e il pagamento da parte dell’utente,  le censure venivano accolte, ritendo pertanto illegittimo il distacco della fornitura e la risoluzione del contratto.

Orbene, il contratto di utenza di energia elettrica è inquadrabile nello schema del contratto di somministrazione, cosicché la clausola contrattuale in cui è prevista la facoltà del somministrante di sospendere la fornitura nel caso di ritardato pagamento anche di una sola bolletta, è una specificazione contrattuale ex art. 1565 c.c. e costituisce, quindi, una reazione all’inadempimento dell’utente cui viene opposta l’exceptio inadimplenti contractus.

In ragione di quanto sopra, la sospensione della fornitura è da ritenersi legittima solo finché permane l’inadempimento dell’utente e che detta sospensione, se attuata quando ormai l’utente ha pagato il suo debito, prefigura l’inadempimento contrattuale, con il congruente  sorgere di una obbligazione risarcitoria in capo al somministratore.

L’obbligazione contrattuale ravvisabile in tale fattispecie, allora, si rinviene nel combinato disposto degli artt. 1176 e 1218 c.c., salva la prova che tale inadempimento è stato determinato da causa non imputabile al somministrante, ovvero, nella specie, dalla ignoranza incolpevole dell’avvenuto pagamento.

La mancata conoscenza del pagamento da parte dello specifico ufficio addetto alla sospensione e riattivazione del servizio, essendo un fatto interno alla società e non dipendente dall’utente, non esclude l’obbligazione risarcitoria se non sia fornita la prova che essa dipende da causa estranea alla società e alla sua organizzazione (Cass., 17 gennaio 1997, n. 9624).

Nella pronuncia in epigrafe, si deve rilevare che il Tribunale non si è attenuto nel giudizio alle indicate disposizioni normative ed ha omesso di motivare sulla valutazione della prova documentale dell’utente relativa al formale reclamo di aver già provveduto ai pagamenti intimati. Pertanto il Giudice di secondo grado ha errato nel ritenere che il secondo distacco dell’energia elettrica, pur essendo in parte imputabile alla società, non costituì un grave inadempimento né comunque fu tale da giustificare la pretesa risarcitoria avanzata dall’utente.

Invero, la circostanza che la società abbia sospeso la fornitura, dopo che l’utente abbia pagato il suo debito, dimostra la sua colpa e non può essere giustificata con la motivazione del Tribunale del pagamento “irrituale” da parte dell’utente, rispetto alla negligenza della stessa società che effettua il distacco senza rendersi conto: a) se le precedenti fatture erano state recapitate o no allo stesso indirizzo; b) senza accertare se le bollette fossero state nelle more pagate; c) senza dar conto non solo della comunicazione del call center che – come fatto notorio – accedono alla documentazione informatica dell’utenza; d) che il reclamo risulta comunque pervenuto alla società il 16 aprile anche per iscritto.

Su tutti questi punti decisivi la sentenza impugnata non offre una motivazione coerente e logica sulla gravità dell’inadempimento e sulla mancanza di diligenza grave nella gestione dei contratti di utenza e nella organizzazione dei relativi servizi.

Il ricorrente chiede, altresì, la censura della sentenza di prime cure ritenendo che il Giudice di merito avrebbe errato nella verifica degli elementi atti a provare l’esistenza di un danno non patrimoniale e illegittima valutazione dei mezzi di prova e dei fatti, con consequenziale violazione dell’art. 1226 c.c..

A conforto di ciò il procedente assume che il comportamento inadempiente della società non ha prodotto un semplice disagio, ma ha leso irrimediabilmente il suo diritto all’estrinsecazione della sua persona nel pieno godimento della tranquillità e serenità familiare e nella vita di relazione.

Nella specie, con riguardo al danno patrimoniale il Tribunale non ha escluso la sua esistenza ma si è limitato a rilevare che non è stata comprovata la concreta ed effettiva consistenza dei relativi danni, genericamente indicati nell’atto di citazione.

Secondo l’utente il Tribunale una volta accertata l’esistenza di un danno grave, a seguito dell’inadempimento della società, non potendo essere provato nel suo preciso ammontare il danno patrimoniale consistente nel mancato guadagno derivante dalla indisponibilità dello studio, avrebbe dovuto determinarlo in via equitativa.

La S.C., accogliendo i motivi di ricorso, stabilisce che: “Il danno non patrimoniale è risarcibile nei soli casi “previsti dalla legge”, e cioè, secondo un’interpretazione costituzionalmente orientata dell’art. 2059 c.c.: (a) quando il fatto illecito sia astrattamente configurabile come reato; in tal caso la vittima avrà diritto al risarcimento del danno non patrimoniale scaturente dalla lesione di qualsiasi interesse della persona tutelato dall’ordinamento, ancorché privo di rilevanza costituzionale; (b) quando ricorra una delle fattispecie in cui la legge espressamente consente il ristoro del danno non patrimoniale anche al di fuori di una ipotesi di reato; in tal caso la vittima avrà diritto al risarcimento del danno non patrimoniale scaturente dalla lesione dei soli interessi della persona che il legislatore ha inteso tutelare attraverso la norma attributiva del diritto al risarcimento; (c) quando il fatto illecito abbia violato in modo grave diritti inviolabili della persona, come tali oggetto di tutela costituzionale; in tal caso la vittima avrà diritto al risarcimento del danno non patrimoniale scaturente dalla lesione di tali interessi che, al contrario delle prime due ipotesi, non sono individuati ex ante dalla legge, ma dovranno essere selezionati caso per caso dal giudice (Cass., 11 novembre 2008, n. 26972). La sentenza de qua non ha coerentemente motivato in ordine al risarcimento dei danni patrimoniali e non patrimoniali, pur avendo ritenuto l’inadempimento in parte imputabile alla società ed ha sostenuto che l’utente non ha allegato né comprovato in alcun modo l’effettiva consistenza dei danni genericamente indicati nel suo atto di citazione. In particolare il giudice non ha preso in considerazione il disagio subito dall’utente, a seguito del distacco della luce nel proprio studio legale per un periodo di 23 giorni. Il protrarsi della mancata fornitura della corrente elettrica per un periodo abbastanza lungo è stato allegato e provato, tanto più che l’utente aveva dimostrato di aver pagato le bollette, per cui la liquidazione del danno non patrimoniale può avvenire anche in via equitativa ai sensi dell’art. 1226 c.c.. Operazioni e criteri che il giudice di merito ha trascurato. In conclusione, il ricorso deve essere accolto per le ragioni indicate ed in specie sia per la violazione degli artt. 1366 e 1375 c.c., sia per la valutazione del risarcimento del danno”.

La pronuncia citata, pertanto, concludeva cassando la pronuncia in relazione ai motivi accolti e rinviava, anche per le spese di questa fase del giudizio, al Tribunale di Foggia, in persona di diverso giudice.

Scarica la sent. Cassazione, sez. III Civile, 22 dicembre 2015, n. 25731

 

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1 commento

  1. salvatore di martino on

    è incredibile come nessuno sia informato sui rimborsi e relativi indennizzi tripli che ne scaturiscono dalla loro mancata erogazione,nel caso di cui sopra si ha diritto almeno a 3 diversi tipi di rimborsi automatici, che addirittura non vanno richiesti, ma se non corrisposti entro lo standard triplicano ogni 6 mesi, se a qualcuno interessa posso essere + preciso, è importante quando si cita la società ..X ..chiedere anche i rimborsi dettati dall’Autorità x l’energia una volta avuto ragione si ha diritto anche a quelli, e se non corrisposti negli anni raggiungono cifre da capogiro.

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