La Cassazione chiude sul concordato di gruppo

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La Cassazione chiude sul concordato di gruppo
Non è ammissibile il concordato preventivo di gruppo, in assenza di una disciplina positiva del fenomeno nel nostro ordinamento: non può essere, quindi, omologata una domanda unitaria di concordato preventivo riguardante un gruppo di società.

È il principio affermato dalla Corte di Cassazione nella sentenza n. 20559/15, depositata il 13 ottobre.
Il caso. Il Tribunale omologava il concordato preventivo presentato da una s.n.c. costituita nell’anno precedente il deposito della domanda tramite conferimento del patrimonio di quattro società di capitali, a loro volta ammesse al concordato quali soci illimitatamente responsabili. La Corte d’appello rigettava i reclami formulati da alcuni creditori e la vicenda giungeva, infine, in Cassazione.

Il concordato di gruppo non è disciplinato espressamente dal legislatore. Prima ancora di esaminare nel merito i motivi di ricorso formulati, la Suprema Corte rileva che il giudizio non avrebbe potuto essere proposto, in ragione del fatto che nel nostro ordinamento non vi è una espressa disciplina del fenomeno del c.d. concordato di gruppo.
È vero che nella realtà economica attuale frequentemente le imprese si organizzano in forma di gruppi, così come si sono registrati tentativi di coordinamento delle procedure concorsuali di distinte società e di una gestione unitaria dell’insolvenza e della crisi; peraltro, la giurisprudenza di merito si è pronunciata più volte sul concordato di gruppo.
La Cassazione, tuttavia, afferma espressamente che «l’attuale sistema del diritto fallimentare» non conosce il fenomeno del concordato di gruppo, e l’assenza di una disciplina positiva al riguardo, che ne regoli la competenza, le forme del ricorso, la nomina degli organi, le formazioni delle classi e delle masse, non può essere superata, in via interpretativa, mediante la presentazione di un unico piano concordatario per le società facenti parte del gruppo.

Un concordato per ogni società: separazione delle masse attive e passive delle società e maggioranze per l’approvazione. Non è, quindi, ammissibile, un unico giudizio omologatorio per il gruppo, ma le proposte di concordato devono riguardare individualmente le singole società dello stesso, con la precisazione che, pur in presenza di società legate da un rapporto di controllo – anche ove soggette a direzione unitaria – vanno sempre tenute distinte le masse attive e passive, che conservano un’autonomia giuridica.
Per altro verso, le maggioranze necessarie per l’approvazione del concordato devono essere calcolate in riferimento alle singole imprese del gruppo: non è ammissibile una procedura, come quella avvenuta nel caso di specie, che non preveda adunanze separate, senza votazioni e maggioranze distinte per ciascuna società.

L’estensione del concordato ai soci. La Cassazione ha anche modo di ribadire che il concordato preventivo della società non si estende ai soci illimitatamente responsabili, i quali beneficiano solo dell’effetto esdebitatorio ex art. 184, comma 2, l. fall., peraltro solo per i debiti sociali e non per quelli personali.

La competenza per territorio. Altro profilo rilevante è quello relativo alla competenza territoriale per l’omologazione del concordato preventivo: l’art. 161 l. fall. radica tale competenza in capo al tribunale nel cui circondario la società ha la sede principale. In caso di più società, non è prevista da alcuna norma l’attrazione degli altri fori a favore di quello della capogruppo, allorché le diverse società abbiano sede legale in circondari diversi. Sul punto, la Cassazione ha già affermato in passato il principio secondo cui la competenza ad accertare lo stato di insolvenza appartiene al tribunale del luogo in cui la singola impresa ha la propria sede principale, senza la possibilità di deroghe a tale criterio per ragioni di connessione con alte procedure relative a società facenti parte di un gruppo.
Anche sotto questo profilo, dunque, non può ritenersi ammissibile un unico concordato di gruppo.

(fonte: http://www.ilfallimentarista.it)

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Corte di Cassazione, sez. I Civile, sentenza 23 giugno – 13 ottobre 2015, n. 20559
Presidente Ceccherini – Relatore Nazzicone

Svolgimento del processo

Il Tribunale di La Spezia con decreto del 2 maggio 2011 ha omologato il concordato preventivo della Baglietto s.n.c. di Cantieri Navali Baglietto s.r.l. con socio unico, nonché dei soci illimitatamente responsabili Cantieri Navali Baglietto s.r.l. con socio unico, Gruppo Baglietto s.p.a., Cantieri di Pisa s.r.l. e Speziayachting s.r.l..
La società in nome collettivo fu costituita il 7 giugno 2010 con sede in La Spezia, mediante conferimento del patrimonio delle quattro società capitalistiche, a loro volta ammesse allo stesso concordato quali soci illimitatamente responsabili.
La proposta iniziale, modificata tre volte, prevedeva il pagamento integrale dei crediti (prededucibili e) privilegiati, con sei classi di creditori chirografari, senza transazione fiscale (fallita per mancata accettazione dell’Agenzia delle Entrate, a causa della contestazione di uno dei due crediti IVA).
L’Agenzia delle Entrate, pur non opponente in sede di omologazione, propose reclamo; anche i creditori Ale.Mar. s.r.l., C.I.N.S., Cimel Italiana s.r.l. e I.S.L. Marine Yacht Brokers Ltd. proposero reclamo, per vizi procedurali e sostanziali.
Con decreto del 23 dicembre 2011, la Corte d’appello di Genova ha dichiarato inammissibile il reclamo proposto dall’Agenzia delle Entrate ed ha respinto gli altri.
Ha rilevato la corte territoriale, quanto al primo, che la legittimazione al reclamo avverso la sentenza di omologazione o di rigetto del concordato preventivo appartiene al debitore e ai creditori che si siano costituiti nel giudizio di omologazione, il quale segue la disciplina del rito camerale, mentre l’Agenzia delle Entrate, che non ha proposto opposizione, non è legittimata al reclamo; che a tale conclusione non osta il rilievo secondo cui in tal modo si permette l’omologazione di un concordato con falcidia dell’IVA non ammessa dall’art. 183 l.f. in osservanza dell’inderogabile disciplina comunitaria, in quanto il debito IVA in questione è contestato ed impugnabile da parte del contribuente; né l’amministrazione ha aderito alla proposta di transazione fiscale con conseguente consolidamento del debito, mentre l’obbligo dell’integrale pagamento dell’IVA sussiste solo in presenza di imposta definitivamente accertata.
I reclami dei creditori Ale.Mar. s.r.l., C.I.N.S., Cimel Italiana s.r.l. e I.S.L. Marine Yacht Brokers Ltd. sono stati respinti, avendo la corte argomentato che: infondata è l’eccezione di incompetenza territoriale, perché la s.n.c. ha sede sin dalla sua costituzione in La Spezia, mentre la sede effettiva delle società di essa socie è in tale città, essendo (OMISSIS) “sede non meramente coincidente con il luogo dell’attività produttiva, ma vero centro propulsivo delle società in questione, ove gravitano tutti gli affari di dette società”; è ammissibile l’estensione dell’effetto esdebitatorio alle società del gruppo, socie della s.n.c., in quanto hanno dichiarato di agire anche “in proprio” chiedendo di essere tutte ammesse alla procedura, con conseguente superamento del mero effetto esdebitatorio parziale previsto dall’art. 184 l.f.;
il concordato di gruppo va comunque ammesso, in ragione della meritevolezza giuridica di un concordato fondato su di un piano aziendale riferito all’impresa di gruppo, con legittima valutazione sostanziale e trattazione procedurale unitaria del piano concordatario e, quindi, gestione unitaria del concordato mediante un’unica adunanza e computo delle maggioranze riferito all’unico programma concordatario; pertanto, a maggior ragione è ammissibile, come nella specie, quello della società in nome collettivo risultante dal conferimento in essa dei complessi aziendali, ed esistendo un gruppo di imprese; è corretta la formazione delle classi creditorie, per le quali non rilevano gli interessi particolari e soggettivi, onde le classi n. 2, 3 e quella formata dai creditori postergati sono legittime, come pure l’accorpamento in un’unica classe dei creditori chirografari delle tre società operative del gruppo; non sussistono inadempienze della società proponente all’art. 161 l.f., quanto alla completezza della domanda e della documentazione, né dei commissari all’art. 172 l.f., mentre è stato rispettato il requisito deliberativo ex art. 152 l.f.; è infondata la contestazione di mancata comunicazione delle ultime due modifiche al concordato, posto che anche in adunanza può essere modificata la proposta; il tribunale non può sindacare la concreta convenienza e realizzabilità del piano, in quanto nella specie i reclamanti non appartengono ad una classe dissenziente, mentre risulta una corretta informazione dei creditori sotto ogni profilo; anche a voler aderire all’orientamento secondo cui il controllo di legittimità sostanziale ammette il rilievo di un vizio genetico del piano, esso non sussiste nella specie, attesa l’esistenza dell’assuntore Ineco s.r.l., dovendosi fra l’altro considerare il solo piano concordatario omologato e non l’adempimento dello stesso.
Avverso questo decreto propongono distinti ricorsi per cassazione l’Agenzia delle Entrate, sulla base di tre motivi, ed i creditori Ale.Mar. s.r.l., C.I.N.S. e Cimel Italiana s.r.l., sulla base di sette motivi.
Resistono con controricorso la Baglietto s.n.c. di Cantieri Navali Baglietto s.r.l. con socio unico, la Gruppo Baglietto s.p.a., la Cantieri Navali Baglietto s.r.l. con socio unico, la Cantieri di Pisa s.r.l. e la Speziayachting s.r.l..
Non svolgono difese gli altri intimati.
Le ricorrenti C.I.N.S. e Cimel Italiana s.r.l. e le controricorrenti hanno altresì depositato le memorie di cui all’art. 378 c.p.c..

Motivi della decisione

1. – Preliminarmente i ricorsi proposti avverso la stessa sentenza vanno riuniti, ai sensi dell’art. 335 c.p.c..
2. – Con il primo motivo, l’Agenzia delle Entrate deduce la violazione e la falsa applicazione degli art. 180 e 183 l.f., per avere il decreto impugnato negato la legittimazione al reclamo, laddove, quando il decreto di omologazione del concordato preventivo sia stato emesso risolvendo opposizioni legittimamente proposte da creditori dissenzienti, esso è reclamabile anche dal creditore che non abbia proposto opposizione e non sia stato parte formale costituita nel procedimento di omologazione.
Con il secondo motivo, denunzia la violazione e la falsa applicazione dell’art. 187 ter l.f. e dei principi da esso ritraibili e di esso informatori, in quanto viola il diritto italiano e comunitario il decreto che omologhi il concordato preventivo, sebbene questo preveda che il credito IVA non sia pagato nel termine previsto per i crediti non contestati, ma solo nella misura accertata all’esito dei ricorsi tributari.
Con il terzo motivo, censura la violazione e la falsa applicazione degli art. 182 ter e 183 l.f., oltre che del principio di effettività del diritto comunitario, in quanto dichiarare inammissibile il reclamo per ragioni di pura forma viola il principio di effettività del diritto comunitario e di tutela degli interessi della comunità, in presenza di credito IVA di cui non sia stato previsto il pagamento entro il termine ultimo di pagamento dei crediti non contestati.
3. – Il ricorso di Ale.Mar. s.r.l., C.I.N.S. e Cimel Italiana s.r.l. censura, con il primo motivo, la violazione degli art. 28, 137 c.p.c., 2196, 2197, 2697 e. e, 161 l.f., perché la competenza appartiene semmai al Tribunale di Milano, dove alla data di presentazione della proposta di concordato preventivo avevano sede la Cantieri Navali Baglietto s.r.l., la Gruppo Baglietto s.p.a. e la Speziayachting s.r.l., mentre la Cantieri di Pisa s.r.l. aveva sede a XXXX, ma nessuna a (OMISSIS).
Con il secondo motivo si deduce l’insufficiente o contraddittoria motivazione al riguardo.
Con il terzo subordinato motivo, si censura la violazione degli art. 160, 161, 171 l.f., 1427 s.s. c.c., in quanto non sono state comunicate ai creditori le modifiche della proposta, di cui hanno avuto notizia solo i creditori presenti in udienza.
Con il quarto subordinato motivo, censurano la violazione dell’art. 160, lett. c), l.f., per essere la classe creditoria n. 2 composta di creditori aventi posizioni giuridico-economiche diverse, quali banche e fornitori, nonché dei fornitori di tutte le società del gruppo, con svantaggio di quelli delle società più capienti; inoltre, per essere lesivo della par condicio il trattamento riservato ai creditori della classe n.l (creditori della holding Gruppo Baglietto s.p.a.) e n. 3 (armatori).
Con il quinto subordinato motivo, si deduce la violazione degli art. 152, 161 e 172 l.f., perché il procedimento concordatario era affetto da irregolarità, quali la mancata presentazione di una situazione economica e finanziaria aggiornata, oltre allo stato analitico estimativo delle attività e del valore dei beni dei soci illimitatamente responsabili, onde il professionista non aveva potuto attestare la veridicità dei relativi dati aziendali. Inoltre, la domanda di concordato non è stata approvata e sottoscritta a norma dell’art. 152 l.f., in quanto il capitale delle varie società del gruppo non esisteva, avendo esse perdite superiori al capitale sociale, onde non avrebbero neppure potuto costituire una nuova s.n.c., essendo ciò vietato dall’art. 2486 e.e. La costituzione della Baglietto s.n.c. di Cantieri Navali Baglietto s.r.l. con socio unico è infatti avvenuta al fine di evitare che l’unitaria proposta fosse considerata come concordato di gruppo inammissibile e di spostare la competenza territoriale a La Spezia. Infine, i commissari non hanno redatto l’inventario, la relazione particolareggiata sulle cause del dissesto, l’indicazione dei beni dei soci illimitatamente responsabili.
Con il sesto motivo subordinato, lamentano la violazione degli art. 1322 c.c., 160 e 184 l.f., in quanto la proposta è stata formulata dalla nuova s.n.c. e dalle quattro socie illimitatamente responsabili della stessa, sia come tali e sia in proprio, ma essa ha penalizzato alcuni creditori, in particolare quelli della Cantieri Navali Baglietto s.r.l., che altrimenti avrebbero goduto di un riparto più cospicuo; la proposta di concordato non può prevedere l’esdebitazione anche con riguardo ai creditori particolari del socio, né è consentito di avvantaggiare una società a danno di altra dello stesso gruppo.
Con il settimo motivo, censurano la violazione degli art. 163 e 180 l.f., perché non sussisteva la fattibilità del concordato, come avevano dimostrato i fatti successivi.
4. – Precede l’esame dei motivi la considerazione che il giudizio non avrebbe potuto essere proposto, atteso che l’ordinamento giuridico italiano, allo stato attuale della legislazione, non contempla il c.d. concordato preventivo di gruppo.
4.1. – In punto di fatto, risulta che fu presentata una proposta di concordato preventivo da parte della società in nome collettivo di nuova costituzione e delle sue socie – quattro società di capitali – le quali poco prima avevano conferito pressoché l’intero loro patrimonio alla neonata società.
Mentre la nuova s.n.c. fu costituita con sede a La Spezia entro l’anno precedente alla presentazione del ricorso, tre delle quattro società-socie avevano la propria sede legale in XXXXXX e la quarta a XXXX; tutte le quattro società-socie trasferirono la sede legale a (OMISSIS) pochi giorni prima della presentazione della proposta di concordato.
La proposta di concordato prevedeva la formazione di classi, fra cui la prima composta dai creditori della holding Gruppo Baglietto s.p.a., la seconda composta trasversalmente dai creditori tutte le società operative del gruppo e la terza dagli armatori; nonché la distinzione formale delle masse attive e passive. Sono stati nominati due commissari giudiziali.
Il Tribunale di La Spezia con decreto del 2 maggio 2011 ha omologato “il concordato preventivo della Baglietto s.n.c. di Cantieri Navali Baglietto s.r.l. con socio unico, corrente in (OMISSIS) , nonché dei soci illimitatamente responsabili di essa Cantieri Navali Baglietto s.r.l., Gruppo Baglietto s.p.a., Cantieri di Pisa s.r.l. e la Speziayachting s.r.l.”.
4.2. – La realtà economica odierna indica che le imprese operanti sul mercato sono frequentemente organizzate in gruppi di società.
Tuttavia, l’attuale sistema del diritto fallimentare, in particolare per quanto attiene al concordato preventivo, non conosce il fenomeno, non dettando alcuna disciplina al riguardo, che si collochi sulla falsariga di quella enunciata in tema di amministrazione straordinaria agli art. 80 ss. della legge 8 luglio 1999, n. 270, o dall’art. 4 bis d.l. 23 dicembre 2003, n. 347 sulla ristrutturazione industriale di grandi imprese in stato di insolvenza, convertito, con modificazioni, in l. 18 febbraio 2004, n. 39, o con riguardo ai gruppi bancari od assicurativi insolventi.
Nondimeno, nella pratica si è assistito, con modalità variegate, a tentativi empirici di coordinamento delle procedure afferenti le diverse società del gruppo alla ricerca di una gestione unitaria dell’insolvenza.
In tema di competenza, questa Corte ha già osservato che l’art. 161, 1 comma, l.f. non prevede l’attrazione degli altri fori a favore di quello della capogruppo, o di altro foro, allorché le società coinvolte abbiano sede legale in circondari diversi: donde il principio secondo cui la competenza ad accertare lo stato di insolvenza appartiene al tribunale del luogo in cui la singola impresa ha la sede principale, senza che&utale criterio possa derogarsi per ragioni di connessione con altre procedure relative a società diverse facenti parte di un gruppo (Cass., ord. 31 agosto 2011, n. 17907; 18 novembre 2010, n. 23344).
Tale orientamento va ora ribadito, con ulteriori precisazioni.
Neppure l’operazione societaria posta in atto nella vicenda in esame, con la costituzione della nuova società nella sede ligure in funzione esclusiva della competenza del tribunale fallimentare del circondario, e la successiva presentazione di un unico piano concordatario per questa e per le sue socie, dunque per la “impresa di gruppo”, può superare in via interpretativa l’assenza di una disciplina positiva che regoli il concordato di gruppo.
Ed invero, nella fattispecie:
a) la competenza territoriale per l’omologazione del concordato preventivo, a norma dell’art. 161 l.f., sarebbe appartenuta, in merito a proposte necessariamente distinte, ai tribunali nel cui circondario ciascuna società aveva la sede principale dell’impresa in base alla citata disposizione, atteso il principio generale sulla competenza territoriale inderogabile in tema di procedure concorsuali (cfr. art. 9, 161 e 195 l.f.) secondo cui esse si aprono nel luogo in cui l’impresa ha la propria “sede principale”, restando altresì irrilevante, ancorché effettivo, “il trasferimento della stessa intervenuto nell’anno antecedente”, ossia il luogo “in cui si trova il centro direttivo ed amministrativo degli affari dell’impresa”, “in cui vengono individuate e decise le scelte strategiche cui dare seguito” (da ultimo, Cass., sez. un., 25 giugno 2013, n. 15872), non coincidente affatto con il luogo di ubicazione dei fattori di produzione e, particolare, degli stabilimenti industriali (Cass., ord. 7 maggio 2012, n. 6886; ord. 23 aprile 2002, n. 5945; 7 luglio 2000, n. 9070; 24 dicembre 1994, n. 11143). Quindi, la sede legale della società vale a radicare la competenza del tribunale, dovendosi presumere che essa sia al tempo stesso anche la sede principale, o sede effettiva, della società (Cass., ord. 6 novembre 2014, n. 23719; ord. 30 ottobre 2014, n. 23116; 19 luglio 2012, n. 12557; ord. 9 luglio 2005, n. 14462; 19 gennaio 1991, n. 505; 18 dicembre 1980, n. 6552), presunzione che può essere vinta solo dalla prova di elementi univoci e non astratti circa la sussistenza della diversa sede effettiva (nella specie neppure indicati dalla corte territoriale, se non in maniera tautologica);
b) il concordato preventivo avrebbe dovuto riguardare individualmente le singole società del gruppo, non la società personale e le società di quella socie, non ammettendosi un unico giudizio omologatorio;
c) il concordato preventivo della società non si estende ai soci illimitatamente responsabili, i quali beneficiano solo dell’effetto esdebitatorio, ai sensi dell’art. 184, 2 comma, l.f., inoltre unicamente per i debiti sociali, non per quelli personali di ciascuno di essi (Cass. 26 marzo 2010, n. 7273; 30 agosto 2001, n. 11343; e v. Sez. un., 16 febbraio 2015, n. 3022), che nella specie sono rimasti delle società nonostante il conferimento;
d) in presenza di un concordato di diverse società legate da rapporti di controllo, anche ove soggette a direzione unitaria, occorre tenere distinte le masse attive e passive, che conservano la loro autonomia giuridica, dovendo restare separate le posizioni debitorie e creditorie delle singole società: ma il pregresso conferimento dei patrimoni nella neonata società ha nei fatti operato una commistione dei medesimi, nonostante il formale rispetto del principio della loro distinzione (risultando che solo piccole parti del patrimonio delle socie fu escluso dai conferimenti in fase di costituzione della società personale);
e) poiché la società personale è stata ad hoc costituita, con un patrimonio che, tramite i conferimenti, risulta dalla somma di quelli delle socie fondatrici, tutti i creditori delle quattro società sono confluiti nel medesimo numero di classi, onde i creditori delle società meno capienti hanno inammissibilmente concorso con quelli delle società più capienti;
f) sul piano procedimentale, le maggioranze per l’approvazione del concordato avrebbero dovuto essere calcolate in riferimento alle singole imprese del gruppo, mentre così nella specie non è avvenuto, essendosi inammissibilmente proceduto senza adunanze separate e senza votazioni e maggioranze distinte per ciascuna società.
In definitiva, la descritta operazione ha forzato il dato normativo – in particolare, gli art. 161 l.f. e 2740 c.c. – oltre i limiti che, a mezzo di una mera interpretazione ed in mancanza di una disciplina positiva del fenomeno (una legge che intenda disciplinare il concordato preventivo di gruppo dovrebbe verosimilmente occuparsi di regolarne la competenza, le forme del ricorso, la nomina degli organi, la formazione – delle classi e delle masse), esso poteva ragionevolmente tollerare.
5. – Il decreto di omologazione del concordato ed il provvedimento impugnato vanno, in conclusione, cassati senza rinvio, ai sensi dell’art. 382, 3 comma, c.p.c., perché l’azione non poteva essere intrapresa. L’esame dei motivi dei ricorsi resta assorbito.
6. – Ricorrono giusti motivi, in ragione del concreto svolgersi della vicenda processuale, per compensare per intero tutte le spese del processo fra le parti, ai sensi dell’art. 385, 2 comma, c.p.c..

P.Q.M.

La Corte riunisce i ricorsi e, decidendo sui medesimi, cassa senza rinvio il decreto di omologazione del concordato preventivo ed il decreto impugnato, perché la causa non poteva essere proposta; compensa le spese dell’intero giudizio tra le parti.

 

 

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