Licenziamenti collettivi. Si cambia

0

Licenziamenti collettivi. Si cambia

Stop alla tutela reale dal 7 marzo 2015. Ci sarà un’indennità monetaria che va da un minimo di 4 a un massimo di 24 mensilità
A seguito della pubblicazione in Gazzetta Ufficiale del Decreto legislativo sul contratto a tutele crescenti, entrato in vigore il 7 marzo scorso, è stata modificata la disciplina dei licenziamenti collettivi. Ora, infatti, in caso di violazione delle procedure di intimazione dei licenziamenti (art. 4, comma 12, Legge 223/1991) o dei criteri di scelta dei lavoratori da licenziare (art. 5, comma 1), si applica sempre il regime dell’indennizzo monetario (ossia la tutela obbligatoria, anziché quella reale). L’indennizzo varia da un minimo di 4 a un massimo di 24 mensilità.

L’unico caso in cui è rimasta la tutela reale, quindi la reintegra nel posto di lavoro, riguarda il licenziamento intimato in forma orale. In tal caso, il licenziamento è nullo (come avviene per i licenziamenti individuali).

Sul punto, si rammenta che le nuove regole sono valevoli per le nuove assunzioni a tempo indeterminato effettuate dal 7 marzo 2015 (entrata in vigore del contratto a tutele crescenti).

Licenziamenti collettivi – I licenziamenti collettivi, disciplinati dalla L. n. 223/1991, si verificano quando un’impresa con più di 15 dipendenti decide di rinunciare a 5 lavoratori nell’arco di almeno 120 giorni. Prima di procedere ai licenziamenti, bisogna seguire una determinata procedura. In particolare, è necessario:
• indicare, mediante comunicazione scritta, il numero degli esuberi;
• indicare le ragioni che li rendono necessari;
• individuare i motivi che impediscono il ricorso a soluzioni alternative;
• iniziare un iter di negoziazione, prima tra azienda e sindacato, poi, se non si trova un accordo, con le istituzioni, con un tavolo in Regione o al ministero del Lavoro.

I criteri di scelta – Quanto ai criteri di scelta da applicare in caso di licenziamenti collettivi, l’art. 5, c. 3 della L. n. 223/1991 stabilisce che l’individuazione dei lavoratori da licenziare deve avvenire in relazione alle esigenze tecnico-produttive e organizzative del complesso aziendale nel rispetto dei criteri previsti da contratto collettivi stipulati con i sindacati ovvero in mancanza di questi contratti nel rispetto dei seguenti criteri in concorso tra loro:
• carichi di famiglia;
• anzianità;
• esigenze tecnico produttive ed organizzative.

Vecchia disciplina – Qualora non venga rispettato uno dei punti previsti per la procedura di licenziato, oppure i criteri di scelta appena illustrati, il datore di lavoro ha l’obbligo di reintegrare immediatamente il lavoratore e di corrispondergli un risarcimento pari alle retribuzioni che avrebbe percepito a far data dal licenziamento.

Nuova disciplina – Diverso è il discorso se il lavoratore è stato assunto dal 7 marzo 2015. In tal caso, infatti, la reintegra nel posto di lavoro si verifica solo se manca la forma scritta in quanto, come per i licenziamenti individuali, questi licenziamenti sono giudicati nulli. Oltre alla reintegra al lavoratore spetta anche un risarcimento del danno subito, quantificato in misura pari alla retribuzione relativa al periodo che va dal licenziamento alla reintegra, con un minimo di 5 mensilità dell’ultima retribuzione di riferimento per il calcolo del TFR.
Mentre ci sarà solo un’indennità risarcitoria (tutela obbligatoria) per il lavoratore in caso di violazione dei criteri di scelta o delle disposizioni relative alle procedure di licenziamento.
In tal caso, il giudice condanna il datore di lavoro a corrispondere al lavoratore un’indennità pari a due mensilità, dell’ultima retribuzione utilizzata per il calcolo del TFR, per ogni anno di servizio, in misura comunque non inferiore a 4 e non superiore a 24 mensilità. Non sono dovuti i contributi previdenziali.
Autore: Redazione Fiscal Focus

Per info e chiarimenti

Studio Giuliano e Di Gravio

Share.

About Author

Rispondi