Pronta la riforma dei fallimenti

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Pronta la riforma dei fallimenti

La riforma del diritto fallimentare è pronta. La commissione Rordorf ha completato i lavori trovando una soluzione di mediazione sull’ultimo scoglio, quello dell’amministrazione straordinaria. Dopo un giro di consultazioni, il prossimo 2 dicembre, con associazioni (Confindustria e Assonime tra le altre ) e professionisti (potrebbe eventualmente preludere solo a ritocchi), lo schema di legge delega troverà la veste definitiva.

Sciolti i nodi tecnici, restano quelli politici, con la verifica sulla volontà del Governo di arrivare in porto. In un primo momento si era pensato di agganciare la delega alla conversione del decreto legge con le misure sulla crisi d’impresa varato quest’estate. Ma poi ci si è accorti che il regolamento del Senato lo impedisce. Successivamente si è anche pensato di traghettare una versione light del testo, già messa a punto, in sede di emendamenti alla legge di stabilità; poi ancora di legare la delega fallimentare a quella sulla procedura civile in discussione alla Camera. Tutte ipotesi a vario titolo declinate.

Resta in piedi la presentazione come disegno di legge autonomo in Consiglio dei ministri, ma su questo dovrà esporsi il ministro della Giustizia, Andrea Orlando.

Il punto è stato fatto al XXII convegno dell’Associazione albese di studi di diritto commerciale, svoltosi ieri ad Alba (Cuneo), dedicato quest’anno a recupero e contendibilità delle imprese in crisi. Tema centrato sulle novità già in vigore da quest’estate, che sono state investite da una relazione introduttiva assai critica del presidente della Corte d’appello di Roma, Luciano Panzani, soprattutto per le modifiche all’istituto del concordato, che secondo Panzani ne sanciranno un inevitabile declino, tranne che per la forma in continuità. Ma il tema ha anche permesso di allargare la riflessione al più ampio progetto di revisione dell’intera disciplina dell’insolvenza per arrivare alla redazione di un vero e proprio testo unico che possa mandare in soffitta il regio decreto n. 267 del 1942 (la nostra attuale Legge fallimentare).

In questa prospettiva, allora, il convegno ha fatto registrare forse il momento centrale nel dibattito che ha visto confrontarsi il direttore generale di Confindustria Marcella Panucci, quello di Assonime Stefano Micossi e il presidente del Consiglio nazionale dei dottori commercialisti Gerardo Longobardi. Al centro, la “grande incompiuta” (almeno sinora) della nostra disciplina delle crisi d’impresa: le procedure di allerta che, prima di ogni intervento dell’autorità giudiziaria, rendano evidente la difficoltà dell’impresa per risolverli prima di sfociare in soluzioni possibili ma più traumatiche. E il convegno di Alba ha fatto registrare la svolta di Confindustria (che peraltro ha partecipato ai lavori della commissione Rordorf), tradizionalmente perplessa, se non ostile, a misure di allerta.

Panucci ha sottolineato che non ci devono più essere tabù nell’affrontare questo tema, anche perché recupero e tutela del patrimonio aziendale alla luce della crisi economica rappresentano una necessità assoluta. Convincente è poi la «soluzione data dal progetto di riforma che ha una fisionomia privatistica affidata alle segnalazioni soprattutto degli organi di controllo societari e dei revisori contabili». Per Panucci semmai sarebbe meglio pensare a un’entrata in vigore riservata in un primo tempo alle imprese più strutturate. Longobardi, da parte sua, ha messo in evidenza come l’organismo di composizione della crisi – già previsto dalla legge sul sovraindebitamento e al quale è affidata la soluzione anticipata delle difficoltà segnalate con l’allerta – sia costituito da professionisti con adeguati requisiti di preparazione.

Ilsole24ore. Di Giovanni Negri

Studio Giuliano e Di Gravio

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