La collaborazione volontaria non tocca eredità e donazioni

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La collaborazione volontaria non tocca eredità e donazioni

Da un po’ di tempo si discute sulla possibilità che la collaborazione volontaria diventi luogo in cui si realizzano, tra gli altri, i presupposti per l’imposizione delle liberalità indirette. L’idea è accesa da un passaggio della circolare dell’agenzia delle Circolare n. 30/E dell’11.08.15 ed è argomentata, poi, attraverso gli esiti dell’interpretazione letterale di alcune norme del Tus, in particolare il richiamo all’applicazione dell’articolo 56bis (accertamento delle liberalità indirette).

In principio, questa tesi mi aveva suggestionato per il contenuto; oggi, a dirla tutta, per la sua permanenza. E, in effetti, non ne comprendo l’opportunità e il fondamento giuridico.
Sull’opportunità: la storia dell’articolo 56bis del Tus è storia di compromessi, di ipocrisia legislativa non convincente e il suo testo, si consenta, appare piuttosto come un secchio colmo di materiale di riporto. Perché rovesciarlo sopra la legge 186? Viceversa, occorre ribadire a gran voce che la legittimità del procedimento di collaborazione volontaria non può essere inficiata da vicende relative a imposte diverse da quelle in relazione alle quali esso è stato concepito. Come l’imposta di successione e donazione. La collaborazione volontaria esibisce una propria perfetta intangibile autonomia. Spingersi a interpretare le parole dell’amministrazione finanziaria in senso diverso da quanto anzidetto – alludo alla pag. 9 della circolare della direzione Centrale Accertamento n. 30/E/2015 – equivale ad attribuire alle stesse una portata semantica sovversiva della volontà del legislatore e perciò non accettabile. L’Agenzia in quel punto del documento, semplicemente, considera il caso in cui il contribuente – fatti salvi i presupposti (complessi ed equivoci) dell’articolo 56bis – possa e voglia attivare un altro procedimento per quella speciale imposizione indiretta.
Sul fondamento giuridico: l’applicazione dell’articolo 56bis presuppone l’avveramento di alcuni fatti: a) l’esistenza di una liberalità indiretta (come definita nel corpo della disposizione); b) la dichiarazione dell’esistenza della liberalità indiretta; c) l’interessato; d) un procedimento d’accertamento dei tributi; e) che le liberalità superino una certa soglia di valore. Quando sussistono questi “elementi” allora si determina l’evento voluto dal legislatore (valore giuridico o effetto) e l’amministrazione può assoggettare il presupposto all’imposta. Qui non è luogo per dissodare gli oggetti elencati ma, certamente, lo è per mettere in guardia l’interprete sulla necessità di considerarli in profondità e nel proprio alveo. Si è detto (b), ad esempio, che il legislatore della norma in commento impone una “dichiarazione” (da cui risulta la liberalità). Bene. Tale dichiarazione è fatto bicipite, rileva due volte: come fatto della conoscenza e come fatto/tempo della conoscenza; deve essere intesa, poi, sia come comportamento dichiarativo che come contenuto del testo dichiarato; e ancora, deve essere resa da un soggetto specifico (l’interessato). L’articolo 56bis, strumento conoscitivo sulla natura dell’incremento patrimoniale (alternativo al reddito) accertato dall’Ufficio, insomma, è norma speciale già all’interno del corpo giuridico che lo ospita e obbliga l’operatore a un rigoroso apprezzamento dei difficili presupposti. Storia e commenti sono in tal senso.
Infine la tesi, nella parte più estrema, si spinge a superare le barriere della decadenza del potere officioso e ritenere che, talvolta, l’accertamento di queste liberalità (e, per vero, il ragionamento si estende alle successioni mortis causa) sarebbe consentito oltre i cinque anni canonici. Cosa dire? Il ragionamento – che anche in questo ambito appare debole nei fondamenti giuridici – per un verso tende a spaventare inutilmente i collaboratori volontari (e quindi a compromettere le intenzioni del legislatore del programma premiale) e per un altro, poiché rimuove il limite temporale, spinge il tributo ad affacciarsi sull’Eternità: siamo davvero pronti per una fiscalità dell’anima?

Fonte: Ilsole24ore – Vittorio Emanuele Falsitta
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