La scure della Cassazione sul riconoscimento del privilegio al credito delle associazioni professionali

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I crediti degli studi associati non possono essere ammessi al fallimento con privilegio.
Infatti l’art. 2751 bis che tutela il singolo professionista non può essere interpretato estensivamente.

Il fatto. Lo studio legale associato avv. A proponeva opposizione allo stato passivo del fallimento B s.r.l. per ottenere l’ammissione al rango privilegiato, ex art. 2751 bis c.c., n. 2, del proprio credito derivante da attività professionale, riconosciuto al chirografo dal giudice delegato in sede di verifica dei crediti.
Con decreto 22 dicembre 2008 il Tribunale di Milano respingeva l’opposizione, motivando che il fenomeno dell’associazione tra professionisti dava vita ad un organismo collettivo dotato di struttura organizzativa che non consentiva la concessione del privilegio: riconosciuto solo al singolo professionista dalla norma invocata, insuscettibile di estensione analogica.
Avverso la decisione proponeva ricorso per cassazione, illustrato con successiva memoria, lo studio associato avv. A, deducendo la violazione di legge, dal momento che, nella specie, la prestazione professionale restava di natura personale e che lo studio associato, che comprendeva solo due avvocati, non poteva essere assimilato ad un’impresa.
La curatela del fallimento B s.r.l. in liquidazione non svolgeva attività difensiva.
All’udienza del 30 giugno 2011 il procuratore generale precisava le conclusioni come da verbale, in epigrafe riportate.

Premessa l’inammissibilità della legittimazione attiva concorrente del singolo professionista e dello studio legale associato ad esigere il pagamento, o come nella specie, l’ammissione al passivo del fallimento del debitore, si osserva come la proposizione della domanda da parte
dello studio associato lasci presumere l’esclusione della personalità del rapporto d’opera professionale: e dunque, l’inesistenza dei presupposti per il riconoscimento del privilegio di cui all’art. 2751 bis c.c., n. 2. In caso diverso, infatti, titolare del credito sarebbe il professionista, legittimato ad causam, anche se il contratto sia stato stipulato, formalmente, tra cliente e studio associato.
Ne consegue che appare corretta la decisione del Tribunale di Milano, anche se se ne deve correggere la motivazione, dal momento che il riconoscimento del privilegio al credito vantato dallo studio associato non è da escludere a priori, potendo essere, in ipotesi, giustificato
dalla cessione del credito della prestazione professionale svolta personalmente dal singolo associato. In assenza di tale presupposto specifico, che dal testo del decreto impugnato del Tribunale di Milano non risulta allegato in sede di edictio actionis, né si può certo considerare, in astratto, effetto legale o naturale della partecipazione del professionista allo studio associato, quest’ultimo, quale autonomo centro di interessi, non ha diritto all’ammissione al rango privilegiato, non essendo assimilabile al soggetto individuale favorito dall’art. 2751 bis, n. 2: norma, insuscettibile di estensione analogica, quale jus singolare (art. 14 disp. gen.).

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Fonte : GIULIANOEDIGRAVIO.IT

 

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