Bancarotta. Pene accessorie dopo patteggiamento

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Cassazione Penale, sentenza del 26 agosto 2013

In tema di reati fallimentari, chi è stato condannato alla pena patteggiata di due anni di reclusione per il delitto di bancarotta fraudolenta non può essere inabilitato per dieci anni dall’esercizio di un’impresa commerciale.

La sentenza. 
È quanto si ricava dalla sentenza n. 35502/13 della Corte di Cassazione – Quinta Sezione Penale, pubblicata ieri.

La condanna per il reato di bancarotta fraudolenta. L’imputato ha presentato ricorso contro la sentenza emessa ai sensi dell’articolo 444 del codice procedura penale con cui il Tribunale di Catania ha applicato, previa concessione delle attenuanti generiche, la pena di due anni di reclusione, unitamente alle pene accessorie dell’inabilitazione per dieci anni dall’esercizio di un’impresa commerciale e dell’incapacità di pari durata di esercitare uffici direttivi presso qualsiasi impresa (ex art. 216, ultimo comma, L.fall.).

Patteggiamento. Reclusione fino a due anni. Con l’unico motivo di ricorso il difensore ha denunciato la violazione di legge e, segnatamente, dell’articolo 445 del codice di procedura penale secondo cui, la sentenza prevista dall’articolo 444 comma 2 c.p.p., quando la pena irrogata non superi i due anni di pena detentiva soli o congiunti a pena pecuniaria, non comporta la condanna al pagamento delle spese del procedimento né l’applicazione di pene accessorie.

No alle pene accessorie. Ebbene, la Suprema Corte ha ritenuto tale doglianza “perfettamente conforme” a quanto disposto dal citato articolo del codice di rito penale. Dal che l’annullamento senza rinvio dell’impugnata sentenza limitatamente all’applicazione delle pene accessorie.

Sentenza n. 796 del 2013. Con la sentenza n. 796 del 2013 (depositata l’8 gennaio), la Quinta Sezione Penale della Cassazione ha invece chiarito che “la pena accessoria che consegue alla condanna per il delitto di bancarotta fraudolenta ai sensi dell’art. 216, ultimo comma, legge fall., è indicata in misura fissa e inderogabile dal legislatore nella durata di anni dieci quindi, a prescindere dalla durata della pena principale” (Cass. n. 30341 del 2012; n. 269 del 2010; n. 17690 del 2010), con conseguente inapplicabilità dell’articolo 37 del codice penale (pene accessorie temporanee). Indirizzo che non è stato scalfito dall’intervento della Consulta (sent. n. 134 del 2012), che ha dichiarato inammissibili le prospettate questioni di costituzionalità, poiché inerenti a materia riservata al Legislatore, “risolvendosi le suddette questioni in una richiesta di pronuncia additiva e contenuto non costituzionalmente obbligato”.

Autore: Redazione Fiscal Focus
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