Riforma del processo tributario: Circolare n. 38/E.
Con la circolare n. 38/E di ieri, l’Agenzia delle Entrate commenta le novità introdotte dal D.L. 156/2015 di riforma del processo tributario, che troveranno applicazione per i giudizi pendenti alla data del 1° gennaio 2016.
Il corposo documento ha ad oggetto le modifiche intervenute sui seguenti temi: competenza delle commissioni tributarie, assistenza tecnica, spese di giudizio, comunicazioni e notificazioni (anche per via telematica), ricorso anche per cassazione, sospensione del processo, sospensione dell’atto impugnato, sospensione delle sentenze, giudizio di revocazione e esecuzione delle sentenze.
Viene altresì delineato l’impatto delle novità concernenti il reclamo/mediazione e la conciliazione giudiziale.
L’articolo 10 della legge 11 marzo 2014, n. 231 , al comma 1, lettere a) e b), ha delegato il Governo all’introduzione di “norme per il rafforzamento della tutela giurisdizionale del contribuente, assicurando la terzietà dell’organo giudicante”.
A tale scopo, le predette disposizioni legislative hanno fissato alcuni principi e criteri direttivi, tra i quali:
“a) rafforzamento e razionalizzazione dell’istituto della conciliazione nel processo tributario, anche a fini di deflazione del contenzioso e di coordinamento con la disciplina del contraddittorio fra il contribuente e l’amministrazione nelle fasi amministrative di accertamento del tributo, con particolare riguardo ai contribuenti nei confronti dei quali sono configurate violazioni di minore entità;
b) incremento della funzionalità della giurisdizione tributaria”, da realizzare attraverso interventi riguardanti, tra l’altro:
“l’eventuale composizione monocratica dell’organo giudicante in relazione a controversie di modica entità e comunque non attinenti a fattispecie connotate da particolare complessità o rilevanza economicosociale”;
“la revisione delle soglie in relazione alle quali il contribuente può stare in giudizio anche personalmente e l’eventuale ampliamento dei soggetti abilitati a rappresentare i contribuenti dinanzi alle commissioni tributarie”;
“il massimo ampliamento dell’utilizzazione della posta elettronica certificata per le comunicazioni e le notificazioni”;
“l’uniformazione e generalizzazione degli strumenti di tutela cautelare nel processo tributario”;
“la previsione dell’immediata esecutorietà, estesa a tutte le parti in causa, delle sentenze delle commissioni tributarie”;
“l’individuazione di criteri di maggior rigore nell’applicazione del principio della soccombenza ai fini del carico delle spese del giudizio, con conseguente limitazione del potere discrezionale del giudice di disporre la compensazione delle spese in casi diversi dalla soccombenza reciproca”.
In attuazione della suddetta delega, il Titolo II del decreto legislativo 24 settembre 2015, n. 1562 (di seguito: decreto di riforma), pubblicato sul supplemento ordinario n. 55/L alla Gazzetta Ufficiale del 7 ottobre 2015, ha apportato rilevanti modifiche ad alcune disposizioni contenute nel decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 546 (di seguito: decreto n. 546), concernente la disciplina del processo tributario.
In sintesi, le più importanti modifiche relative al decreto n. 546 riguardano:
– l’estensione dell’ambito di applicazione della conciliazione al giudizio di appello e alle controversie soggette a reclamo/mediazione;
– l’estensione dell’ambito di operatività del reclamo/mediazione alle controversie dell’Agenzia delle dogane e dei monopoli, a quelle degli enti locali, degli agenti della riscossione e dei soggetti iscritti all’albo di cui all’articolo 53 del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 4463 , nonché alle controversie catastali;
– la rivisitazione della disciplina della tutela cautelare, che è stata estesa a tutte le fasi del processo, codificando in tal modo i principi stabiliti in materia dalla giurisprudenza costituzionale e di legittimità;
– l’esecutività immediata delle sentenze non definitive concernenti i giudizi promossi avverso gli atti relativi alle operazioni catastali e di quelle, sempre non definitive, recanti condanna al pagamento di somme a favore dei contribuenti, eventualmente subordinato alla prestazione di idonea garanzia in caso di somme di importo superiore a 10.000 euro;
– il mantenimento del criterio della riscossione frazionata del tributo in pendenza di giudizio;
– la previsione del giudizio di ottemperanza come unico meccanismo processuale di esecuzione delle sentenze, siano esse definitive o meno, escludendo la possibilità di ricorso all’ordinaria procedura esecutiva, contemplata dal vigente testo del decreto n. 546;
– l’affidamento alla commissione tributaria, in composizione monocratica, della cognizione dei giudizi di ottemperanza instaurati per il pagamento di somme di importo non superiore a 20.000 euro e, in ogni caso, per il pagamento delle spese di giudizio;
– l’innalzamento del valore dei giudizi in cui i contribuenti possono stare personalmente, senza l’assistenza di un difensore abilitato, che viene portato, dagli attuali 2.582,28 euro, a 3.000,00 euro;
– l’ampliamento della categoria dei soggetti abilitati all’assistenza tecnica, nella quale sono stati inseriti i dipendenti dei CAF, in relazione alle controversie che derivano da adempimenti posti in essere dagli stessi CAF nei confronti dei propri assistiti.
Onde assicurare il necessario coordinamento tra le modifiche al decreto n. 546 e alcune disposizioni recate da altri testi legislativi, l’articolo 10 del decreto di riforma ha modificato l’articolo 63 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, concernente la rappresentanza e l’assistenza dei contribuenti, il comma 3–bis dell’articolo 14 del decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115 (Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di spese di giustizia) e gli articoli 19 e 22 del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 472, recante disposizioni generali in materia di sanzioni amministrative per le violazioni di norme tributarie.
Il successivo articolo 11 del decreto di riforma è intervenuto con alcune modifiche al decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 545, riguardante l’ordinamento degli organi di giurisdizione tributaria (vedi par. 3 della Circolarre n. 38/E del 2015).
Ai sensi dell’articolo 12 del decreto di riforma, le nuove disposizioni entreranno in vigore il 1° gennaio 2016, ad eccezione dei nuovi articoli 67-bis (esecuzione provvisoria delle sentenze delle commissioni tributarie) e 69 (esecuzione delle sentenze di condanna al pagamento di somme in favore del contribuente) del decreto n. 546, nonché della disposizione abrogativa dell’articolo 69-bis (esecuzione delle sentenze sugli atti relativi alle operazioni catastali) del medesimo decreto n. 546, per le quali l’entrata in vigore è stata fissata al 1° giugno 2016.
Le nuove norme processuali opereranno in relazione a tutti i giudizi pendenti alla data della loro entrata in vigore, “non essendo stata ritenuta opportuna una previsione di applicabilità limitata ai soli nuovi giudizi. Un tale sistema infatti verrebbe a creare un nuovo rito, che coesisterebbe con il vecchio per le cause anteriori generando confusione ed incertezze” (relazione illustrativa al decreto di riforma).
Come precisato nella relazione illustrativa, il decreto di riforma si inserisce “in un quadro macroeconomico completamente difforme rispetto a quello” riconducibile alla data di entrata in vigore del decreto n. 546 (1° aprile 1996) “e in un sistema normativo caratterizzato da una continua evoluzione di alcuni istituti dell’ordinamento tributario generata anche dalle diverse riforme che hanno interessato la maggior parte dei tributi”.
Più nel dettaglio, nella relazione illustrativa si osserva che il numero dei ricorsi pendenti innanzi alle commissioni tributarie si è progressivamente ridotto, passando dai circa 2,4 milioni dell’anno 1996 ai circa 570.000 dell’anno 2014 e che relativamente a tale ultimo anno è stato riscontrato che il 70 per cento dei ricorsi di primo grado attiene a controversie di valore non superiore a 20.000 euro. Inoltre, grazie anche all’introduzione dell’istituto del reclamo/mediazione, il numero dei ricorsi proposti in commissione tributaria provinciale nel 2014, rispetto a quelli del 2011, si è quasi dimezzato, passando da circa 171.000 a circa 90.000.
Si aggiunga che circa il 56 per cento dei ricorsi proposti in primo grado è corredato da un’istanza di sospensione della riscossione dell’atto impugnato, mentre l’utilizzo della conciliazione giudiziale – che nel vigente testo del decreto n. 546 è limitata al primo grado di giudizio ed esclusa per le controversie soggette a reclamo/mediazione – si attesta intorno all’1 per cento delle definizioni complessive.
L’attuale situazione del contenzioso tributario, caratterizzata da un elevato numero di controversie di modesto valore, dalla forte domanda di sospensione della riscossione da parte dei contribuenti, dall’esiguo ricorso alla conciliazione giudiziale, nonché dal marcato utilizzo della compensazione delle spese di giudizio nelle fasi di merito, consente, invero, di meglio comprendere la ratio degli interventi di riforma, precedentemente sintetizzati, che appaiono innanzitutto rivolti al superamento delle predette criticità.
Tanto premesso, con la circolare n. 38/E del 29 dicembre 2015 vengono forniti chiarimenti in merito alle modifiche inerenti al decreto n. 546 ed alle disposizioni di coordinamento, nonché brevi cenni alle modifiche al D.Lgs. n. 545 del 1992.
Fonte: Circolare n. 38/E del 29/12/2015
Studio Giuliano e Di Gravio