“Cfc”, verifica sul tax rate nominale
L’individuazione dei paesi e regimi a fiscalità privilegiata ai fini dell’applicazione del regime delle Cfc non avverrà più con decreto ministeriale e provvedimento dell’agenzia delle Entrate.
La legge di Stabilità 2016 ha eliminato ogni riferimento all’elenco “predeterminato” di paradisi fiscali. L’unico criterio che risulta ora rilevante è quello del confronto tra livelli nominali di tassazione.
Prima delle recenti novità, per l’individuazione degli Stati rilevanti ai fini del regime Cfc “black list” il comma 4 dell’articolo 167, Tuir individuava i citati Paesi sulla base di due presupposti: la mancanza di un adeguato scambio di informazioni; il livello di tassazione inferiore al 50% di quello applicato in Italia.
Inoltre, era previsto che fossero da considerare «in ogni caso privilegiati i regimi fiscali speciali che consentono un livello di tassazione inferiore al 50% di quello applicato in Italia, ancorché previsti da Stati o territori che applicano un regime generale di imposizione non inferiore al 50% di quello applicato in Italia.
Con provvedimento del Direttore dell’agenzia delle Entrate viene fornito un elenco non tassativo dei regimi fiscali speciali».
In questo contesto, è stato emanato il Dm 30 marzo 2015 che ha aggiornato la lista dei paesi black list contenuta nel Dm 21 novembre 2001, escludendo alcuni paesi, e abrogando l’articolo 3 del Dm 21 novembre 2001 che richiamava proprio l’esistenza di regimi a fiscalità privilegiata limitatamente a determinati settori, in quanto in contrasto con il novellato comma 4 dell’articolo 167.
In base alla legge di stabilità 2016 affinché si applichi il regime Cfc “black”, occorre che la controllata sia residente in Stati esteri non appartenenti alla Ue o in Stati aderenti allo See “non collaborativi”.
Ne deriva che i soggetti controllati residenti in Stati membri della Ue, in Islanda e Norvegia non ricadono nel regime Cfc “black” ma potrebbero rientrare nel regime delle Cfc di cui al comma 8-bis dell’articolo 167 relativo alle controllate residenti in Paesi non a fiscalità privilegiata (si veda l’altro articolo in pagina).
Venendo a cosa si debba intendere per regime fiscale privilegiato, il comma 4 dell’articolo 167 prevede che «I regimi fiscali, anche speciali, di Stati o territori si considerano privilegiati laddove il livello nominale di tassazione risulti inferiore al 50% di quello applicabile in Italia». La norma vigente, quindi, non contiene più alcun riferimento a provvedimenti di attuazione e richiede che ai fini della identificazione di un regime fiscale, anche speciale, a fiscalità privilegiata, sia necessario verificare che il livello nominale di tassazione del Paese in cui è localizzata la Cfc sia inferiore al 50% di quello applicabile in Italia (13,75% per il 2016 e 12% dal 2017). Il riferimento è al livello di tassazione nominale e non a quello effettivo, con una significativa semplificazione che non riguarda, invece, le Cfc cosiddette white list (articolo 167, comma 8-bis). In merito alla individuazione di tale livello di imposizione, dovrebbe farsi riferimento alla sola Ires e non anche all’Irap stante il precedente della circolare 51/E/2010 dell’Agenzia.
Il riferimento ai regimi fiscali privilegiati “speciali” impone la verifica, caso per caso, di tutti quei regimi settoriali o destinati a specifici investimenti che godono di una tassazione particolarmente vantaggiosa in Paesi che, invece, sono considerati a fiscalità ordinaria. Anche in questo caso dovrebbe essere sufficiente porre a confronto il relativo tax rate nominale con quello vigente in Italia.
La norma evidentemente necessita del monitoraggio periodico del livello nominale di tassazione del regime fiscale estero e potrebbe presentare qualche difficoltà operativa nei casi in cui si applicano aliquote nominali diverse su scaglioni di imponibile.
Fonte: Il Sole 24 Ore
Studio Giuliano e Di Gravio