Condizionatori sulla facciata condominiale? La Cassazione salva il decoro

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Cassazione civile , sez. II, sentenza 06.10.2014 n° 20985 (Riccardo Bianchini)

In questa pronuncia la Corte di cassazione ha avuto modo di ribadire quale sia la corretta modalità di applicazione dell’art. 1120 c.c. in un’ipotesi in cui un condomino aveva posizionato sulla facciata condominiale dei condizionatori.

La norma in questione, in particolare, prevede quanto segue: “Sono vietate le innovazioni che possano recare pregiudizio alla stabilità o alla sicurezza del fabbricato, che ne alterino il decoro architettonico o che rendano talune parti comuni dell’edificio inservibili all’uso o al godimento anche di un solo condomino.

In punto di fatto è interessato rilevare come l’apposizione di tali macchinari sia stata oggetto anche di un procedimento amministrativo di sanatoria, necessitato dal fatto che l’immobile in questione era localizzato in una zona soggetta a specifici vincoli urbanistici.

Ora, uno degli elementi di maggiore interesse della pronuncia è proprio questo, in quanto i condomini che avevano posizionato i condizionatori sostenevano la tesi secondo cui non vi era stata alcuna alterazione del decoro architettonico; cosa, questa dell’assenza di pregiudizio al decoro architettonico, che sarebbe stata palesata dal fatto che l’amministrazione pubblica, rilasciando il provvedimento di assenso all’intervento avrebbe confermato la piena compatibilità paesaggistica, urbanistica ed ambientale del posizionamento dei condizionatori.

La Corte di cassazione si è però mostrata di contrario avviso.

Innanzitutto essa ha infatti ribadito l’orientamento secondo cui fatto la corretta applicazione dell’art. 1120 c.c. porta a ritenere che “costituisce innovazione lesiva del decoro architettonico del fabbricato condominiale, come tale vietata, non solo quella che ne alteri le linee architettoniche, ma anche quella che comunque si rifletta negativamente sull’aspetto armonico di esso, a prescindere dal pregio estetico che possa avere l’edificio e che la relativa valutazione spetta al giudice di merito, ed è insindacabile in sede di legittimità ove non presenti vizi di motivazione”.

Sulla base di tale assunto la Corte di cassazione ha confermato la sentenza di secondo grado, la quale era fondata sulla premessa fattuale che il fabbricato aveva struttura e linee architettoniche residenziali ed era inserito in un ambito paesaggistico protetto, e che era evidente la lesione al decoro architettonico dell’edificio derivante dalle dimensioni delle due apparecchiature e dalla loro collocazione quasi “aggrappati” alla gronda del tetto, di cui rompevano la continuità.

Neppure il fatto che un’autorità amministrativa abbia valutato positivamente l’intervento ha giovato ai condomini. La Corte ha infatti evidenziato come i rapporti tra l’esecutore delle opere e la pubblica autorità investita della tutela urbanistica non possono interferire con le posizioni soggettive attribuite agli altri condomini dall’art. 1120 c.c., comma 2, per la preservazione del decoro architettonico dell’edificio. E richiamando un pur risalente precedente, (ossia la pronuncia Cass., S.U., sent. n. 2552 del 1975), ha affermato che al fine di accertare la legittimità della innovazione eseguita dal proprietario di un piano o di una porzione di piano, in corrispondenza della sua proprietà esclusiva, “è irrilevante che l’autorità preposta alla indicata tutela abbia autorizzato l’opera.”

Sulla base di tali affermazioni la Corte di cassazione ha dunque confermato l’esito dei due gradi di merito, omettendo di valutare gli ulteriori motivi di ricorso ritenuti improcedibili per difetto di interesse: la pronuncia di secondo grado, infatti, era fondata su una serie di autonome argomentazioni, per cui la “salvezza” di anche soltanto una di essa ha reso inutile scrutinare gli altri motivi di censura relativi alle altre argomentazioni addotte dalla corte territoriale per motivare la propria decisione.

Fonte : ALTALEX.IT

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