La crescita economica è il risultato della combinazione di molteplici fattori: la disponibilità di capitale, fisso, finanziario e umano, da un lato; lo sviluppo tecnologico e l’organizzazione produttiva, dall’altro. L’interazione tra questi fattori è cruciale. Ne devono discendere una forza lavoro istruita e competente, in grado di adeguarsi tempestivamente ai cambiamenti imposti dallo sviluppo delle nuove tecnologie; una classe imprenditrice dinamica, capace di cogliere le opportunità di innovazione e pronta a investire nel capitale umano dei propri dipendenti; una politica determinata e capace di disegnare e attuare le riforme necessarie a favorire l’attività imprenditoriale e lo sviluppo di quel capitale umano. Creare le condizioni per tornare a crescere è oggi fondamentale e urgente. Ho più volte sostenuto che l’azione di riforma in questa direzione deve rispondere a un disegno ampio e organico, volto a ridurre l’incertezza e ispirato a principi di efficienza, equità e legalità. Il contesto istituzionale nel suo complesso, ovvero l’ambiente in cui si “fa impresa”, incide in maniera cruciale sulla possibilità di innalzare la produttività, di riallocare le risorse verso comparti e imprese più competitivi. Legalità, buona legislazione, regolazione efficace delle attività economiche, pubblica amministrazione efficiente sono le principali componenti di un sistema istituzionale in grado di favorire innovazione e imprenditorialità e rimuovere rendite di posizione e restrizioni alla concorrenza. Il rispetto della legalità, in particolare, svolge un ruolo fondamentale: la criminalità organizzata, la corruzione e l’evasione fiscale non solo indeboliscono la coesione sociale, ma hanno anche effetti deleteri sull’allocazione delle risorse finanziarie e umane e sull’efficacia delle riforme in atto. Rendono impossibile la costituzione di un ambiente favorevole all’attività d’impresa, e quindi all’occupazione, e riducono le possibilità di crescita dell’economia. 1. Misura e impatto dell’economia criminale Nonostante la disponibilità di indicatori di sintesi1 che evidenziano la presenza della criminalità organizzata nelle diverse regioni italiane, con valori più elevati nelle regioni di tradizionale insediamento ma con una diffusione significativa anche nel Centro-Nord, non si dispone ancora di una quantificazione accurata della sua distribuzione sul territorio e della sua penetrazione nei diversi settori dell’economia. Le misure fornite dagli archivi giudiziari o delle forze dell’ordine relativamente ai fenomeni considerati, sommersi per definizione, soffrono di un evidente problema di sottostima dei crimini che non sono scoperti o denunciati. Nel caso degli archivi giudiziari, vi è anche un forte ritardo temporale – ancorché minore che per i processi civili – rispetto alla data di compimento del crimine, ritardo associato alla durata del procedimento penale2 . Ancora più complessa, rispetto alla misurazione della diffusione della criminalità, è la quantificazione del suo valore. Nella revisione del PIL pubblicata nello scorso mese di settembre dall’Istat secondo le linee del Sistema europeo dei conti nazionali, il peso dell’economia illegale, intesa come commercio di sostanze stupefacenti, attività di prostituzione e contrabbando di tabacchi lavorati, sarebbe di circa un punto percentuale. Da questa valutazione sono escluse attività criminali quali quelle che agiscono in forma organizzata, che nel nostro paese hanno una diffusione capillare sul territorio (ad esempio, racket ed estorsioni). Secondo stime che si basano sulla quantità di moneta in circolazione nel quadriennio 2005-08, il sommerso criminale in Italia potrebbe superare il 10 per cento del PIL3 .
Contrasto all’economia criminale: precondizione per la crescita economica
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