DIFFAMAZIONE, LIBERTÀ DI STAMPA
E IL RISCHIO DEL GIORNALISTA
di Gino Falleri, dottore in legge,
Presidente dell’Unione giornalisti europei per il federalismo
Per il numero degli aspiranti in costante crescita costituisce una attività professionale molto ambita. Fin qui tutto bene. Purtuttavia alla luce di quanto sta avvenendo nel mondo dell’informazione in buona parte del Pianeta qualche interrogativo viene posto. Ci si chiede, in particolare, se quella del giornalista non stia diventando una professione a rischio. Professione bersaglio, come qualcuno di recente l’ha definita. E’ la domanda che si sente formulare, con sempre maggiore frequenza, e non senza una ragione, durante convegni, seminari e tavole rotonde quando il tema conduttore è costituito dall’informazione. E’ stata riproposta ancora una volta durante il recente convegno organizzato dal Consiglio dell’Ordine dei Giornalisti del Lazio, nella Sala del Refettorio di Palazzo San Macuto, sulle "Luci e ombre della nuova legge sulla diffamazione". Un convegno cui hanno partecipato rappresentanti del Governo, componenti della Commissione Giustizia della Camera, docenti di diritto, giornalisti, avvocati ed il Presidente emerito della Corte Costituzionale, Cesare Mirabelli. In appendice una tavola rotonda con i direttori dei giornali per conoscere la loro opinione sul testo della legge approvato dalla Camera dei deputati. Soprattutto sulla pena accessoria dell’interdizione dalla professione, che il legislatore assegna al giudice, sulla base di quanto già dispone il codice penale, mentre i giornalisti vorrebbero che fosse invece demandata all’Ordine professionale, e sul giudice competente. Se monocratico o collegiale. Quest’ultimo aspetto in quanto la diffamazione semplice rientra nelle competenze del giudice di pace.