Evasori senza più vie di fuga.
Messi alle strette gli evasori italiani con capitali esteri non dichiarati in Italia. Chi non aderisce alla voluntary disclosure entro il prossimo 30 novembre (data individuata dal dl 153/2015) verrà segnalato dalle autorità svizzere a quelle italiane. A tali fini basterà che l’amministrazione finanziaria italiana, sulla scorta di quanto fatto dall’Olanda (si vedaItaliaOggi di ieri e altro articolo in pagina), attivi lo scambio di informazioni avente ad oggetto le cosiddette richieste di gruppo. Queste ultime saranno effettuate in base alle seguenti coordinate: forniteci i nominativi di tutti i clienti italiani che dal 23 febbraio 2015 hanno trasferito i propri capitali (di fatto prosciugando i conti) ovvero non hanno dato dimostrazione di avere aderito alla procedura di collaborazione volontaria in Italia. Sarà così legittima la richiesta di gruppo focalizzata sul comportamento di clienti italiani di istituti elvetici, sospettati di aver aggirato le proprie obbligazioni tributarie in Italia, che richiesti dagli istituti finanziari italiani o svizzeri di fornire la prova della propria conformità fiscale si rifiutino di fornirla o rispondano negativamente. Questo è quanto concordato tra l’Italia e la Svizzera e segna le sorti future degli evasori nostrani. Invero il governo italiano e il Consiglio federale elvetico hanno siglato il 23 febbraio 2015 il Protocollo che modifica la Convenzione bilaterale contro le doppie imposizioni. Il Protocollo, legittimando lo scambio di informazioni su richiesta ai fini fiscali secondo lo standard Ocse, ha posto fine al segreto bancario. Unitamente ad esso è stata sottoscritta una road map.
Il Protocollo, da ratificarsi dai rispettivi Parlamenti, ha posto le fondamenta per rafforzare la cooperazione tra i due Paesi e per contrastare il fenomeno dell’evasione e dell’infedeltà fiscale. Una volta ratificato, le autorità fiscali italiane potranno richiedere alla Svizzera informazioni, ivi comprese le «richieste di gruppo», anche su elementi riconducibili al periodo di tempo decorrente dalla data della firma e cioè dal 23 febbraio 2015. Ciò impatta in maniera importante sulla regolarizzazione spontanea dei capitali detenuti illegalmente nella Confederazione elvetica. In particolare, all’art. 2.1 della road map è stato convenuto che l’art. 26 del commentario Ocse è da interpretare nella versione più recente che consente le richieste di gruppo. All’art. 2.2 della stessa road map, viene assunto l’impegno a far proprio il principio secondo cui i contribuenti che detengano attività estere depositate presso le banche italiane o svizzero siano pienamente adempienti alle obbligazioni di natura fiscale in ciascuno dei due Paesi.
Fonte: Italia Oggi.