Riscossione. Il contribuente deve provare che i debiti tributari sono stati contratti per esigenze estranee alla famiglia
Il fondo patrimoniale non ferma l’ipoteca
L’iscrizione di ipoteca è legittima anche in presenza di fondo patrimoniale. I debiti tributari sorti prima della costituzione del fondo e nell’esercizio dell’attività professionale di impresa o di lavoro autonomo svolta da uno dei due coniugi devono ritenersi contratti per esigenze familiari, a meno che non si dimostri che sono stati invece contratti per soddisfare esigenze voluttuarie o per altri intenti speculativi. Sono queste le principali conclusioni cui è giunta la Commissione tributaria di II grado di Bolzano, con la sentenza 110/1/2015 (presidente Ranzi, relatore Rispoli).
L’articolo 170 del Codice civile dispone che l’esecuzione sui beni del fondo e sui frutti di essi non può avvenire per debiti che il creditore conosceva essere stati contratti per scopi estranei ai bisogni della famiglia. Il ministero delle Finanze, con nota 15/10423 del 17 dicembre 1983, ha interpretato questa disposizione nel senso che i debiti tributari legittimano l’escussione dei beni del fondo patrimoniale, essendo, per definizione, sorti per scopi inerenti ai bisogni della famiglia.
La vicenda trae origine da un avviso di iscrizione ipotecaria notificato da Equitalia a un contribuente per due immobili di proprietà per un importo complessivo pari al doppio di quello risultante da cartelle di pagamento emesse nei suoi confronti relative, tra l’altro, a imposta di registro e imposte ipotecarie e catastali per compravendite immobiliari effettuate nel 2000.
L’avviso di iscrizione ipotecaria veniva impugnato dinanzi alla Commissione tributaria di I grado di Bolzano dallo stesso contribuente, che ne chiedeva la nullità per non aver mai ricevuto gran parte delle cartelle sottostanti e, soprattutto, perché l’ipoteca riguardava immobili costituiti in un fondo patrimoniale nel 2010.
La sentenza dei giudici di primo grado con cui veniva respinto il ricorso veniva, così, impugnata dallo stesso contribuente dinanzi alla Commissione di II grado, ritenendo che il credito tributario non poteva in alcun modo rientrare nel novero dei bisogni della famiglia e che ai fini della legittima iscrizione dell’ipoteca, il fisco avrebbe dovuto provare l’intento fraudolento della costituzione del fondo patrimoniale.
Nel respingere l’appello, i giudici altoatesini hanno comunque precisato che il credito tributario vantato dal fisco a seguito del mancato pagamento, tra l’altro, di imposte di registro, ipotecarie e catastali per l’acquisto di immobili e riconducibili a un componente della famiglia può essere soddisfatto attraverso l’iscrizione di ipoteca sui beni immobili del fondo patrimoniale. In assenza di prove contrarie da parte del contribuente, infatti, si presume che i debiti tributari non siano stati contratti per soddisfare esigenze di natura voluttuaria o per conseguire interessi meramente speculativi.
Tuttavia, il collegio ha precisato che, pur essendo legittima l’iscrizione di ipoteca, nel caso di specie rimane comunque preclusa all’agente della Riscossione la possibilità di procedere con l’espropriazione forzata dei beni facenti parte del fondo patrimoniale. Il limite per l’iscrizione di ipoteca, infatti, è fissato in 20mila euro, mentre quello per il pignoramento è fissato nella misura di 120mila euro, se prima casa.
Fonte: Ilsole24ore
L’articolo 170 del Codice civile dispone che l’esecuzione sui beni del fondo e sui frutti di essi non può avvenire per debiti che il creditore conosceva essere stati contratti per scopi estranei ai bisogni della famiglia. Il ministero delle Finanze, con nota 15/10423 del 17 dicembre 1983, ha interpretato questa disposizione nel senso che i debiti tributari legittimano l’escussione dei beni del fondo patrimoniale, essendo, per definizione, sorti per scopi inerenti ai bisogni della famiglia.
La vicenda trae origine da un avviso di iscrizione ipotecaria notificato da Equitalia a un contribuente per due immobili di proprietà per un importo complessivo pari al doppio di quello risultante da cartelle di pagamento emesse nei suoi confronti relative, tra l’altro, a imposta di registro e imposte ipotecarie e catastali per compravendite immobiliari effettuate nel 2000.
L’avviso di iscrizione ipotecaria veniva impugnato dinanzi alla Commissione tributaria di I grado di Bolzano dallo stesso contribuente, che ne chiedeva la nullità per non aver mai ricevuto gran parte delle cartelle sottostanti e, soprattutto, perché l’ipoteca riguardava immobili costituiti in un fondo patrimoniale nel 2010.
La sentenza dei giudici di primo grado con cui veniva respinto il ricorso veniva, così, impugnata dallo stesso contribuente dinanzi alla Commissione di II grado, ritenendo che il credito tributario non poteva in alcun modo rientrare nel novero dei bisogni della famiglia e che ai fini della legittima iscrizione dell’ipoteca, il fisco avrebbe dovuto provare l’intento fraudolento della costituzione del fondo patrimoniale.
Nel respingere l’appello, i giudici altoatesini hanno comunque precisato che il credito tributario vantato dal fisco a seguito del mancato pagamento, tra l’altro, di imposte di registro, ipotecarie e catastali per l’acquisto di immobili e riconducibili a un componente della famiglia può essere soddisfatto attraverso l’iscrizione di ipoteca sui beni immobili del fondo patrimoniale. In assenza di prove contrarie da parte del contribuente, infatti, si presume che i debiti tributari non siano stati contratti per soddisfare esigenze di natura voluttuaria o per conseguire interessi meramente speculativi.
Tuttavia, il collegio ha precisato che, pur essendo legittima l’iscrizione di ipoteca, nel caso di specie rimane comunque preclusa all’agente della Riscossione la possibilità di procedere con l’espropriazione forzata dei beni facenti parte del fondo patrimoniale. Il limite per l’iscrizione di ipoteca, infatti, è fissato in 20mila euro, mentre quello per il pignoramento è fissato nella misura di 120mila euro, se prima casa.
Fonte: Ilsole24ore