Cassazione penale. Possibile attivare la misura cautelare reale per la compagine che occulta attività illecite
Confisca per la società schermo
Il reato di riciclaggio rende obbligatorio il sequestro dei beni
Via libera al sequestro finalizzato alla confisca per equivalente dei beni della società-schermo. La Corte di cassazione, con la sentenza 3099 depositata ieri, ricorda la possibilità di disporre il provvedimento cautelare reale nei confronti della persona giuridica, di fatto non operativa ma costituita al solo scopo di «occultare attività» illecite.
Nel caso esaminato i reati contestati erano la dichiarazione infedele (articolo 4 Dl 74/2000) e il riciclaggio (648-bis del codice penale).
La natura di “comodo” della società, finita nel mirino dei giudici, era stata desunta da una serie di indizi, primo fra tutti l’utilizzo della Srl per movimentare le quote di proprietà di un albergo di Lugano, acquistato con ingenti somme frutto di una contestata truffa e riciclaggio ai danni di alcune società di un gruppo bancario. A questa circostanza si univa quella dell’amministratore «fittizio»: “testa di legno” della società non operativa era la nuora dell’autore dei reati contestati, anche lei destinataria di un provvedimento cautelare e, per sua stessa ammissione “strumento” del suocero. Per finire l’esistenza di un testamento con il quale l’imputato per riciclaggio e dichiarazione infedele blindava la compagine familiare lasciando il 99% delle quote della società di comodo al figlio e nominando amministratrice la nuora.
Secondo la Suprema corte, correttamente il Tribunale del riesame ha chiarito che per il reato di riciclaggio la confisca è obbligatoria, in base all’articolo 648-quater, anche nel caso in cui riguardi una persona interposta. La norma prevede, infatti, la possibilità per il giudice di ordinare la «confisca della somme di denaro, dei beni o delle altre utilità della quali il reo ha la disponibilità, anche per interposta persona, per un valore equivalente al prodotto, profitto o prezzo del reato».
Senza successo nel ricorso si lamenta l’omessa motivazione in riferimento alle norme che regolano il sequestro preventivo finalizzato alla confisca per equivalente. Secondo la difesa, infatti, nell’ordinanza impugnata non c’era alcuna spiegazione relativa alla persona fisica che avrebbe avuto la disponibilità delle somme sequestrate, visto che la rosa dei possibili si giocava tra l’autore del reato la moglie e la nuora. Per la difesa un intreccio familiare che rendeva impossibile determinare l’importo massimo sequestrabile per equivalente.
La Cassazione considera però risolto correttamente il problema del «possessore mediato» sia dal Gip che ha disposto la misura cautelare, sia dal Tribunale del riesame. Entrambi, infatti, hanno correttamente applicato gli articoli 648-quater del Codice penale e 321 del codice di rito sul sequestro preventivo, qualificando la società ricorrente come «interposta persona» e, attribuendo la qualità di detentore effettivo delle somme sequestrate all’autore dei reati contesati o al suo nucleo familiare in parte coindagate o comunque a loro volta interposte.
Ilsole24ore – Patrizia Maciocchi