La composizione delle crisi da sovraindebitamento – esdebitazione e refresh start – liberarsi dei debiti è possibile.
Come gestire le situazioni debitorie, governarle e riabilitare il debitore attraverso la cancellazione dei debiti.
Con la legge n. 3 del 27 gennaio 2012, pubblicata in Gazzetta Ufficiale 30 gennaio 2012, n. 24 e recante “Disposizioni in materia di usura e di estorsione, nonché di composizione delle crisi da sovraindebitamento”, per la prima volta, è stato introdotta nel nostro ordinamento una procedura di esdebitazione riservata a coloro i quali non sono ammessi alle procedure concorsuali previste dalla Legge Fallimentare.
La disciplina normativa dettata dall’evidente stato di crisi economica e finanziaria, offre ai destinatari la possibilità della cancellazione dei debiti, consentendogli di ricominciare l’attività senza l’onta dell’insolvenza, riconquistando un ruolo attivo nell’economia attraverso la loro esdebitazione, un vero e proprio c.d. fresh start.
Il procedimento per la composizione delle crisi da sovraindebitamento permette di rivolgersi ad un organismo apposito o a un professionista abilitato (commercialisti, avvocati, notai) e poi al tribunale con un piano di rientro che, se accolto, diventerà vincolante per i creditori.
Ove il piano non fosse possibile o fosse respinto dal giudice, il consumatore potrà comunque accedere alla procedura di liquidazione del patrimonio.
Durante l’esecuzione della procedura, il giudice sospende ogni azione esecutiva (pignoramento etc.) dei creditori nei confronti dei beni del debitore.
Una volta terminata con successo la procedura, il debitore sarà esdebitato, beneficiando di vero e proprio nuovo inizio.
La procedura dettata dalla Legge n. 3/12, in generale, è riservata a coloro che sono esclusi dalla previsione normativa della disciplina di cui all’art. 1, della L.Fall., e precisamente:
ai soggetti privati,
ai professionisti,
alle piccole imprese,
ai consumatori,
all’imprenditore agricolo (con le riserve di cui alla normativa speciale prevista dall’art. 182 bis, della L.Fall.).
Tutti i soggetti sopra indicati potranno ottenere la cancellazione dei debiti pregressi, il c.d. discharge del debitore.
La legge prevede tre procedure a cui il debitore-consumatore non fallibile può fare ricorso, a) il piano del consumatore; b) l’accordo del consumatore; c) la liquidazione dei beni, alternativa alle due precedenti procedure.
Di seguito viene esaminata la disciplina relativa al piano del consumatore.
Preliminarmente, chiariamo cosa s’intende per sovraindebitamento e per consumatore.
Il “sovraindebitamento” è la situazione di perdurante squilibrio tra le obbligazioni assunte e il patrimonio prontamente liquidabile per farvi fronte, che determina la rilevante difficoltà di adempiere le proprie obbligazioni, ovvero la definitiva incapacità di adempierle regolarmente.
Per “consumatore” s’intende il debitore persona fisica che ha assunto obbligazioni esclusivamente per scopi estranei all’attività imprenditoriale o professionale eventualmente svolta.
Benefici per il debitore con il deposito della domanda.
– viene sospeso il corso degli interessi legali o convenzionali, salvo quelli garantiti da pegno, ipoteca o privilegio;
– il giudice dispone che sino al momento in cui il provvedimento di omologazione diventa definitivo non possono, a pena di nullità, essere iniziate o proseguite azioni esecutive individuali né disposti sequestri conservativi né acquistati diritti di prelazione sul patrimonio messo a disposizione la c.d. “apertura dell’ombrello protettivo”.
A grandi linee, come si articola la procedura.
LA NORMATIVA DI RIFERIMENTO.
• Regio Decreto 267 del 16 marzo 1942 e s.m. e i. art. 28
(R.D. 267 del 16 marzo 1942 e succ. modifiche artt.1 e 28)
• Legge n. 3 del 27 gennaio 2012, Capo II – Sezione I, come integrata e modificata con legge n. 221 del 17 dicembre 2012 (modifiche entrate in vigore il 18 gennaio 2013) (Legge n.3 del 27-1-2012 con successive modifiche)
CHI PUO’ ACCEDERE ALLA PROCEDURA.
Le tre procedure riguardano i debitori non soggetti al fallimento (piccoli imprenditori, professionisti, privati in genere, ecc.), siccome disciplinato dal R.d. 267 del 16/03/1942 (legge fallimentare).
Si ricorda che ai sensi dell’articolo 1 della legge fallimentare sono soggetti a fallimento gli imprenditori che esercitano un’attività commerciale, salvo che possano dimostrare il possesso congiunto dei seguenti requisiti (NOTA BENE, è sufficiente non soddisfare uno dei tre requisiti per essere soggetto a fallimento, da qui emerge la grande portata dei soggetti che effettivamente potranno accedere alla procedura di sovraindebitamento);
• avere avuto, nei tre esercizi antecedenti la data di deposito dell’istanza di fallimento o dall’inizio della attività, se di durata inferiore, un attivo patrimoniale di ammontare complessivo annuo non superiore ad euro 300.000 (basta superare il limite in uno dei tre anni per essere soggetto a fallimento);
• avere realizzato, nei medesimi esercizi, ricavi lordi per un ammontare complessivo non superiore ad euro 200.000 (basta superare il limite in uno dei tre anni per essere soggetto a fallimento);
• avere un ammontare di debiti anche non scaduti non superiore ad euro 500.000.
La proposta, dunque, non è ammissibile quando il debitore, anche consumatore:
a) è soggetto a procedure concorsuali diverse da quelle regolate dal relativo capo della stessa legge;
b) ha fatto ricorso, nei precedenti cinque anni, ai procedimenti di cui al presente capo della stessa legge;
c) ha subito, per cause a lui imputabili, uno dei provvedimenti di cui agli articoli 14 e 14-bis della stessa legge;
d) ha fornito documentazione che non consente di ricostruire compiutamente la sua situazione economica e patrimoniale.
COME SI PROCEDE.
Unico soggetto legittimato all’introduzione della procedura è il debitore, il quale, deposita la proposta di accordo con apposita istanza al Presidente del Tribunale di competenza.
Il Tribunale nomina un Professionista abilitato, ovvero di un organismo di composizione della crisi, che cura la proposta di accordo o il piano di rientro del debito, demandata dal Giudice.
Il piano del consumatore non comporta necessariamente la liquidazione dell’intero patrimonio del debitore.
La procedura di composizione consistente nel piano del debitore che può essere ammesso a pagare i propri debiti anche in misura non integrale, a determinate condizioni e purché rispetti gli impegni assunti, con evidente similitudine a quanto avviene con la proposta di accordo, ma a differenza di quest’ultima procedura, nel piano proposto dal debitore, non è necessario l’accordo con i creditori, ed il piano può essere omologato (cioè reso efficace nei confronti dei creditori), pertanto, sulla sola base della valutazione del tribunale.
Il debitore deve proporre la ristrutturazione dei propri debiti e la soddisfazione dei creditori in qualsiasi modo, anche con l’eventuale cessione di propri crediti futuri. Occorre che il debitore dia conto di tutta la propria consistenza patrimoniale e che indichi elementi tali da far ritenere il piano che egli propone sia fattibile (cioè realizzabile). Qualora sia necessario a tal fine l’intervento di terzi che offrano garanzie, occorre acquisire il loro consenso scritto con l’indicazione dei redditi o beni che essi mettono a disposizione.
Dopo il deposito dell’istanza ha luogo un procedimento volto a verificare se sussistono le condizioni per l’omologazione (cioè il provvedimento formale adottato dal Tribunale che rende vincolante l’accordo o il piano per tutti i creditori).
Il procedimento ha connotazioni diverse per la proposta di accordo e per il piano del consumatore.
L’omologazione del piano del consumatore è più semplice rispetto alle altre proposte di composizione della crisi, richiedendo la convocazione dei creditori soltanto per la loro audizione e deduzioni in merito all’opportunità del piano, e non per la raccolta di un voto o del consenso, come invece avviene, ad esempio, per la proposta di accordo dove è richiesto il consenso dei creditori.
Il giudice omologa il piano del consumatore quando:
• verifica la sua idoneità ad assicurare il pagamento dei crediti che devono essere necessariamente soddisfatti;
• esclude che il consumatore abbia assunto obbligazioni senza la ragionevole prospettiva di potervi adempiere;
• esclude che il consumatore abbia colposamente determinato il proprio sovraindebitamento anche per mezzo di un ricorso al credito non proporzionato alle proprie capacità patrimoniali.
Il creditore non consenziente può sollevare delle contestazioni circa la convenienza del piano. In tal caso il giudice provvede all’omologazione solo se ritiene che il credito di chi solleva la contestazione possa essere soddisfatto dall’esecuzione del piano in misura non inferiore a quella che deriverebbe dalla liquidazione dell’intero patrimonio del debitore.
Leggi la sent. del Tribunale di Pistoia 27 dicembre 2013 – omologa
Massimiliano Spada