La cronaca finanziaria (e spesso anche quella giudiziaria) propone quotidianamente casi in cui risultano coinvolti a vario titolo operatori economici con sede in paesi alternativamente identificati come ‘paradisi fiscali’ o ‘centri finanziari offshore’. Tale etichetta assume il più delle volte un’accezione negativa, a indicare che società, intermediari finanziari o anche soggetti privati con sede in quei paesi tipicamente operano perseguendo una qualche finalità scarsamente trasparente. Tuttavia i criteri in base ai quali un paese viene incluso in questo gruppo non sono sempre di immediata individuazione, né tanto meno univoci. In realtà, infatti, questi paesi costituiscono un insieme eterogeneo di giurisdizioni, che forniscono vari servizi di opacità finanziaria e societaria e frappongono ostacoli alla collaborazione internazionale in campo fiscale e giudiziario in misura piuttosto differenziata. Come venne affermato nell’audizione parlamentare della Financial Services Authority britannica del 2008: “Non c’è una definizione di centro finanziario offshore condivisa a livello internazionale, ma ci sono percezioni comuni. Di norma si è affermata la tendenza ad adottare l’approccio ‘ne riconosci uno quando lo vedi’ ” 1 , a conferma che anche nella letteratura specializzata non è possibile individuare una definizione soddisfacente o sufficientemente esaustiva di tali realtà. Traendo spunto proprio da alcuni contributi disponibili in letteratura, questo studio si propone di fornire degli strumenti per l’individuazione dei fattori comuni e delle differenze tra tali paesi, cui d’ora innanzi ci riferiremo in termini generici come paesi a rischio. Lo studio è strutturato in tre parti. La prima descrive il meccanismo delle liste, su cui si è tradizionalmente basata l’individuazione di questi paesi, e i relativi limiti; viene poi proposta una classificazione dei paesi in esame, basata sulle valutazioni effettuate per ciascun paese da Tax Justice Network, un centro di analisi internazionale specializzato. Nella seconda parte sono analizzati per grandi linee i flussi finanziari riferibili ai paesi a rischio, con particolare attenzione a quelli che emergono dai dati antiriciclaggio aggregati italiani di fonte UIF. Nella terza e ultima parte vengono illustrate alcune risultanze dell’analisi massiva delle segnalazioni di operazioni sospette in materia. 2 Classificazione dei paesi a rischio 2.1. Le difficoltà di classificazione e il meccanismo delle liste Si è già accennato alle difficoltà che si incontrano nel tentare di individuare i paesi a rischio, nell’ampia accezione introdotta innanzi. In un’ottica generale, due elementi accomunano questi paesi: da un lato, si tratta in prevalenza di centri finanziari che, secondo la definizione del Fondo Monetario Internazionale (FMI)2 , hanno una quota relativamente alta di intermediari finanziari che operano quasi esclusivamente in contropartita con non-residenti ovvero hanno posizioni attive e passive nei confronti di non-residenti sproporzionate rispetto alle dimensioni dell’economia locale; dall’altro, si tratta di giurisdizioni che, in ragione del grado di opacità che caratterizza il settore fiscale, quello finanziario e le strutture proprietarie dei veicoli societari che vi hanno sede, sono state iscritte in una o più liste nere messe a punto da organizzazioni internazionali e istituzioni sovra-nazionali.
Quaderni dell’antiriciclaggio – Analisi e studi : I paradisi fiscali
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