Reati fiscali, stop per «favor rei».
Le nuove soglie di punibilità per i reati tributari sono retroattive e si applicano quindi anche ai giudizi in corso, visto il trattamento di favore nei confronti degli imputati. E portano all’annullamento delle condanne già pronunciata, anche se concordate. Ad affrontare la questione è stata la Corte di cassazione con la sentenza n. 891 della Terza sezione penale depositata ieri.
Il procedimento approdato alla Corte aveva visto la condanna a 1 anno e 7 mesi di un titolare di impresa individuale per i reati di dichiarazione fraudolenta (articolo 2 del decreto legislativo n. 74 del 2000) e di dichiarazione infedele (articolo 4 del medesimo decreto). Condanna emessa dopo patteggiamento, ma successivamente oggetto di impugnazione. Nel corso del giudizio, avverte la Corte, è però avvenuto un fatto nuovo che cambia del tutto lo scenario: è stato approvato il decreto legislativo n. 158 che riforma le sanzioni tributarie. Provvedimento che è entrato in vigore dallo scorso 22 ottobre. Un intervento che ha conseguenze immediate anche sul procedimento in discussione, visto che rivede, alzandole, le soglie di rilevanza penale previste per il reato di dichiarazione infedele.
Nel dettaglio, ferma la misura della sanzione che va da un minimo di 1 anno a un massimo di 3 e ferma anche la condotta (indicazione, in dichiarazione, di elementi attivi per un ammontare inferiore a quello effettivo oppure di elementi passivi inesistenti), a cambiare sono i valori dell’imposta singola evasa che ora deve essere superiore a 150 mila euro, al posto dei precedenti 50mila. Elevato pure il limite dell’ammontare complessivo degli elementi attivi sottratti al Fisco, anche attraverso l’indicazione di elementi passivi inesistenti, che per essere punibile deve essere superiore a 3 milioni di euro, al posto dei precedenti due.
La dichiarazione infedele contestata all’imputato e oggetto dell’accordo con la pubblica accusa, per gli anni d’imposta 2006-2009, se rispettava le vecchie soglie è invece al di fuori di quelle nuove che hanno ristretto il perimetro penale. La conseguenza immediata di cui la Cassazione prende atto nel segno del favor rei è l’annullamento senza rinvio della condanna emessa per insussistenza del fatto. Una formula che la Corte ritiene preferibile a quella «perchè il fatto non è previsto dalla legge come reato».
Quest’ultima va adottata, osserva la sentenza, quando il fatto non corrisponde a una fattispecie incriminatrice a causa di un’assenza di previsione normativa o di una successiva abrogazione della norma o di una sopravvenuta dichiarazione di incostituzionalità, rimanendo in ogni caso rilevante il fatto in sede civile. Con la formula «il fatto non sussiste» invece, conclude la Cassazione, si esclude ogni rilevanza anche in sede diversa da quella penale: questa formula deve essere utilizzata quando manca uno degli elementi costitutivi del reato.
La sentenza, infine, chiarisce anche che il patteggiamento rappresenta un accordo relativo al solo profilo del trattamento sanzionatorio e non anche a quello relativo alla confisca «per il quale la discrezionalità del giudice si riespande come in una normale sentenza di condanna», tanto che, anche se un’intesa con il pm c’è stata pure sul punto della confisca, il giudice non è obbligato a recepirlo.
Di conseguenza la confisca risulta pienamente applicabile e riguarda indifferentemente ciascuno dei concorrenti nel reato anche per l’intera misura del profitto accertato.
Fonte: il sole 24 ore.