Regolamento condominiale le clausole limitative della proprietà privata.
(Cassazione Civile, sez. II, sentenza n. 6299 del 27/03/2015)
Le società Cristian Holding Immobiliare spa, Elton srl, Immobiliare Marta sas, Immobiliare Moana srl, Immobiliare Sigma spa, Imprenord srl ed i sigg. T.C., D.G.E. e L. G., tutti proprietari di unità immobiliari situati in (OMISSIS), facenti parte dei Condomini denominati (OMISSIS), con atto di citazione del 17 marzo 2003, convenivano in giudizio, davanti al Tribunale di Busto Arsizio, le società Robinia Residence spa. e Robinia Golf spa, chiedendo la condanna al ripristino della destinazione residenziale delle loro unità immobiliare site nel medesimo condominio e la cessazione di ogni relativo impiego per attività alberghiera e imprenditoriale vietate dal Regolamento condominiale.
Si costituivano le società convenute, negando di avere esercitato, nel complesso immobiliare di proprietà della società Robinia Residence e gestito dalla società Robinia Golf, le attività oggetto di contestazione e negavano, comunque, alcuna violazione del Regolamento condominiale.
Il Tribunale di Busto Arsizio, con sentenza n. 411 del 2011, ordinava alle convenute la cessazione di ogni attività di tipo alberghiero e/o residenziale turistico nei Condomini (OMISSIS), con conseguente ripristino della destinazione abitativa residenziale. Condannava le stesse convenute al pagamento delle spese di lite.
Avverso questa sentenza, proponevano appello le società Robinia Residence e Robinia Golf, chiedendo una pronuncia di inammissibilità o di rigetto della domanda delle controparti.
Si costituivano gli appellati chiedendo il rigetto dell’appello e la conferma della sentenza impugnata, nonché, il risarcimento del danno ex art. 96 c.p.c..
La Corte di Appello di Milano, con sentenza n. 765 del 2009, rigettava l’appello confermando la sentenza di primo grado, e la cassazione ha rigettato il ricorso spiegato dall’attrice.
Quello che preme evidenziare della pronuncia di cassazione è l’interpretazione delle clausole contenute nel regolamento condominiale di natura contrattuale secondo cui queste: “…possono imporre limitazioni ai poteri e alle facoltà spettanti ai condomini sulle parti di loro esclusiva proprietà purché siano enunciate in modo chiaro ed esplicito, e sono vincolanti per gli acquirenti dei singoli appartamenti qualora, indipendentemente dalla trascrizione, nell’atto di acquisto si sia fatto riferimento al regolamento di condominio, che – seppure non inserito materialmente – deve ritenersi conosciuto o accettato in base al richiamo o alla menzione di esso nel contratto.”
A conferma di quanto sopra, già la precedente pronuncia di cassazione specificava che: “…Il regolamento condominiale di origine contrattuale può imporre divieti e limiti di destinazione alle facoltà di godimento dei condomini sulle unità immobiliari in esclusiva proprietà sia mediante elencazione di attività vietate, sia con riferimento ai pregiudizi che si intende evitare. In quest’ultimo caso, peraltro, per evitare ogni equivoco in una materia atta a incidere sulla proprietà dei singoli condomini, i divieti ed i limiti devono risultare da espressioni chiare, avuto riguardo, più che alla clausola in sé, alle attività e ai correlati pregiudizi che la previsione regolamentare intende impedire, così consentendo di apprezzare se la compromissione delle facoltà inerenti allo statuto proprietario corrisponda ad un interesse meritevole di tutela.” (Cass. n. 19229 del 2014).”
Inoltre, per mera completezza espositiva, si ritiene opportuno richiamare la seguente pronuncia secondo cui: “Le norme contenute nei regolamenti condominiali posti in essere per contratto possono imporre limitazioni al godimento ed alla destinazione di uso degli immobili in proprietà esclusiva dei singoli condomini. Peraltro, le disposizioni contenute nel regolamento condominiale contrattuale che si risolvano nella compressione delle facoltà e dei poteri inerenti al diritto di proprietà dei singoli partecipanti, devono essere espressamente e chiaramente manifestate dal testo o, comunque, devono risultare da una volontà desumibile in modo non equivoco da esso. (Cass. n. 24707/2014).
Nella specie, la corte con quest’ultima pronuncia ha accolto il ricorso proposto dall’attore il quale ha avuto ragione nella prosecuzione dell’attività in riforma della precedenti pronunce, in quanto il regolamento non poteva impedire ai condomini la destinazione delle unità abitative per l’esercizio dell’attività di bed and breakfast, posto che per tale esercizio non era stata modificata la destinazione d’uso degli appartamenti ai fini urbanistici, invece, espressamente vietata dal regolamento, e non comportando, peraltro, conseguenze pregiudizievoli per gli altri condomini, poiché non eccepite e provate in corso di causa.
Massimiliano Spada