Trust per evadere i tributi? E’ frode.

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Trust per evadere i tributi? E’ frode.

E’ illegittima la costituzione di un trust allo scopo di sottrarre il patrimonio del contribuente alla procedura coattiva. E’ quanto emerge dalla sentenza della Terza Sezione Penale della Cassazione del 15 aprile 2015, n. 15449.

Il caso vedeva un uomo, in qualità di liquidatore di una società, allo scopo di evadere le imposte dirette sul valore aggiunto, costituire fraudolentemente un trust con il fine di rendere inefficace, in tutto o in parte, la procedura di riscossione coattiva ed essere così dichiarato responsabile del reato di cui all’art. 11,D.Lgs. n. 74/2000 ovvero il reato di sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte.

In base all’art. 11, primo comma, del D.Lgs. n. 74/2000, “è punito chiunque, al fine di sottrarsi al pagamento delle imposte sui redditi o dell’IVA, ovvero di interessi o sanzioni amministrative relativi a tali imposte di ammontare complessivo superiore ad euro 50.000, aliena simulatamente o compie altri atti fraudolenti sui beni propri o altrui idonei a rendere in tutto o in parte inefficace la procedura di riscossione coattiva”. Il legislatore con il D.L. n. 78/2010 oltre ad aver ridotto la soglia ad euro 50.000 rispetto alla precedente di euro 51.645,69, ha introdotto una circostanza aggravante specifica, qualora le somme al cui pagamento il contribuente intende sottrarsi siano superiori ad euro 200.000. In tale ipotesi, la norma prevede la reclusione da uno a sei anni. La condotta sanzionata consistente nell’alienazione simulata o nel compimento di altri atti fraudolenti sui propri o su altrui beni idonei a rendere inefficace la riscossione coattiva. Per il perfezionamento del reato, è sufficiente la semplice idoneità della condotta a rendere inefficace la procedura di riscossione, e non anche l’effettivo verificarsi dell’evento. L’elemento soggettivo richiede il dolo specifico: il contribuente deve, cioè, aver agito al fine di sottrarsi al pagamento di imposte o di interessi e sanzioni ad esse relativi. La clausola «salvo che il fatto costituisca più grave reato», prevista dall’articolo 11 del D.Lgs. n. 74/2000, escludeva il concorso con il reato di bancarotta fraudolenta documentale, ritenuto prevalente rispetto all’ipotesi delittuosa in esame. Con il D.L. n. 78/2010 convertito dalla legge 122/2010, che ha modificato il contenuto dall’articolo 11 del D.Lgs. n. 74/2000, ha eliminato la clausola di sussidiarietà, per cui allo stato attuale è possibile configurare il concorso del reato in commento con la bancarotta fraudolenta. La sanzione prevista è la reclusione da sei mesi a quattro anni. In base alla relazione introduttiva al disegno di legge n. 2228, la norma innovata «è finalizzata a rafforzare l’efficacia dissuasiva della previsione penale, introducendo un nuovo reato in materia di falsità nella documentazione presentata ai fini delle transazioni fiscali».

Si tratta di un reato di pericolo, rispetto al quale la condotta penalmente rilevante può essere costituita da qualsiasi atto o fatto fraudolento intenzionalmente volto a ridurre la capacità patrimoniale del contribuente stesso, riduzione da ritenersi, con un giudizio ex ante, idonea sia dal punto di vista quantitativo che qualitativo, a vanificare o comunque rendere più difficile, una eventuale procedura esecutiva. Ciò precisato, i giudici della Cassazione rilevano l’illegittimità della costituzione del trust rispetto alla quale si pone in evidenza lo scopo fraudolento della costituzione medesima e la finalità unica di sottrarre il patrimonio del contribuente alla procedura coattiva.

Cass. sentenza n. 15449 del 15 aprile 2015

Filomena Torello, Studio Giuliano e Di Gravio, giulianoedigravio.it

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