Nella circolare n. 27/E/2015, l’Agenzia delle Entrate ha fornito le risposte ai quesiti pervenuti con riferimento alle problematiche evidenziate in sede di prima applicazione della procedura di collaborazione volontaria (voluntary disclosure). Tra questi il documento di prassi chiarisce che i delegati che non risultano essere i titolari effettivi delle attività oggetto di emersione non si vedranno attribuire alcun reddito correlato.
La circolare estende inoltre la possibilità di utilizzare la procedura per la regolarizzazione delle violazioni in materia di IVIE e IVAFE.
L’Agenzia delle Entrate, nella circolare 27/E del 16 luglio 2015, ha fornito le risposte ai quesiti presentati dai professionisti e dalla stampa specializzata in tema di voluntary disclosure – collaborazione volontaria. Dopo le prime indicazioni contenute nella circolare n. 10/E/2015 dello scorso marzo, in particolare, l’Agenzia fornisce ulteriori precisazioni per l’applicazione delle misure introdotte dalla legge n. 186/2014 in materia di emersione e rientro di capitali illecitamente detenuti all’estero.
Tra i chiarimenti maggiormente attesi si segnalano quelli relativi alle modalità operative per la riemersione di attività detenute all’estero in presenza di soggetti delegati. Al riguardo, la circolare precisa che i delegati che non risultano essere i titolari effettivi delle attività presenti sui rapporti sono tenuti alla disclosure, ma non può essere loro attribuito alcun reddito connesso alle stesse.
Si precisa, in particolare, che ognuno dei soggetti che aveva la disponibilità dell’attività dovrà riportare nella Sezione II della richiesta di accesso alla procedura di collaborazione volontaria, per ciascun periodo d’imposta, il valore della propria quota parte dell’attività. Inoltre, si rammenta che le Sezioni III e IV dovranno essere compilate solo da coloro che risultano essere i titolari effettivi delle attività finanziarie detenute all’estero.
Non devono, invece, compilare il quadro RW del modello Unico gli amministratori di società di capitali che hanno il potere di firma sui conti correnti della società in uno Stato estero, riportati nelle scritture contabili, e che hanno la possibilità di movimentare capitali, pur non essendo beneficiari dei relativi redditi.
Il documento di prassi chiarisce, inoltre, le modalità di accesso agli effetti premiali della procedura per i procuratori che hanno commesso violazioni degli obblighi dichiarativi in materia di monitoraggio fiscale.
Il procuratore con delega ad operare per conto della società intestataria del conto sarà infatti tenuto a presentare istanza di accesso alla procedura per avvalersi della collaborazione volontaria internazionale; la società, invece, potrà ricorrere alla procedura nazionale per la definizione della propria posizione fiscale con riguardo agli imponibili che hanno contribuito a rifornire il conto nonché degli altri eventualmente non dichiarati.
Nel caso di un contribuente ignaro della formale conoscenza di una causa di inammissibilità da parte dei soggetti solidalmente obbligati in via tributaria o concorrenti nel reato, sarà l’ufficio a dover eccepire la causa di inammissibilità all’accesso alla procedura.
Sul piano della determinazione degli importi dovuti per la regolarizzazione, la circolare si sofferma sulle modalità di applicazione del c.d. “metodo forfetario” per il calcolo dei rendimenti delle attività illecitamente detenuti all’estero. Tale metodo, precisa il documento, è applicabile quando la consistenza delle attività patrimoniali nel loro complesso, in una singola annualità, non eccede i 2 milioni di euro: in caso di attività cointestate non rileva, quindi, l’ammontare della singola quota riconducibile al contribuente.
Regolarizzazione estesa anche all’IVIE e IVAFE
Nonostante il tenore letterale della norma, per quanto di interesse in questa sede, sembrerebbe escludere dall’ambito oggettivo della procedura la regolarizzazione delle omissioni relative all’IVE e all’IVAFE, in modo del tutto innovativo la circolare chiarisce che, una lettura logico sistematica delle disposizioni in materia di procedura di collaborazione volontaria porta a ritenere che i benefici previsti dalla stessa possano essere riconosciuti anche con riguardo a tali imposte, per le quali, con riguardo al versamento, alla liquidazione, all’accertamento, alla riscossione, alle sanzioni e ai rimborsi nonché al contenzioso trovano applicazione le disposizioni previste per l’imposta sul reddito delle persone fisiche.
La disciplina di favore prevista dalla procedura, sia con riguardo al raddoppio dei termini che alla determinazione delle sanzioni, trova applicazione anche nel caso di investimenti e attività finanziarie detenuti in Paesi che precedentemente all’entrata in vigore della legge abbiano già stipulato accordi che consentono un effettivo scambio di informazioni conforme all’articolo 26 del Modello di Convenzione contro le doppie imposizioni elaborato dall’OCSE.
La voluntary è dunque possibile con riferimento all’emersione di attività detenute in territori quali Singapore, Cipro, Malta, San Marino, Lussemburgo e Corea del Sud e comunque nei Paesi dell’Ocse che non hanno posto riserve alla possibilità di scambiare informazioni bancarie (ad esempio, gli Stati Uniti).
Raddoppio termini di accertamento
Viene inoltre confermato che il raddoppio dei termini non opera per le attività detenute in Svizzera, (in Liechtenstein o nel Principato di Monaco), se il contribuente fa emergere le attività detenute in detto Stato ed i redditi a queste connesse nell’ambito della procedura di collaborazione volontaria, ma esclusivamente a patto che si verifichi almeno una delle seguenti condizioni:
a) le attività detenute in Svizzera ed oggetto di emersione sono già state trasferite o saranno trasferite prima del perfezionamento della procedura, in Italia o in un Paese facente parte dell’Unione Europea o delle Spazio Economico Europeo;
b) le attività rimangono in Svizzera o sono state o verranno trasferite in uno Stato diverso da quelli indicati al precedente punto ed il contribuente rilascia il cd. waiver oppure effettua il cosiddetto “rimpatrio giuridico” in Italia;
c) le attività oggetto di emersione non sono più nella disponibilità del contribuente, che fornisce adeguata documentazione atta a verificare l’effettivo azzeramento delle attività finanziarie precedentemente detenute.
Sanabili le violazioni relative alle cassette di sicurezza
Nell’ambito della procedura di collaborazione volontaria è possibile far emergere anche attività conservate nelle cassette di sicurezza. Per i contribuenti che, ad esempio, hanno presentato la dichiarazione per il 2009, non rileva ai fini della procedura di collaborazione volontaria nazionale il denaro contenuto in una cassetta di sicurezza che non sia mai stata aperta dopo il 31 dicembre di quell’anno.
Invece, nell’ipotesi in cui il denaro era già detenuto in un Paese black list in violazione degli obblighi di monitoraggio fiscale, in un periodo d’imposta per il quale non è decaduta la contestazione delle violazioni, questo dovrà essere indicato nella relazione di accompagnamento della procedura di collaborazione volontaria internazionale.
La circolare, infine, chiarisce che i contribuenti possono scegliere in base alla propria valutazione di convenienza legata alle violazioni commesse, se ricorrere alla procedura di collaborazione volontaria o al ravvedimento operoso.
Per info e chiarimenti: Studio Giuliano e Di Gravio