I terreni sono beni ammortizzabili? La questione alle SS.UU.

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I terreni sono beni ammortizzabili? La questione alle SS.UU.

Sono state rimesse alla cognizione delle Sezioni Unite le questioni volte a verificare se il divieto di ammortamento dei costi di acquisizione dei terreni si applichi anche nel caso in cui emerga che il terreno che funga da area di sedime di un impianto di distribuzione carburanti abbia possibilità di utilizzazione limitate nel tempo, e se – in virtù del regime di accessione che determina l’incorporazione dei fabbricati al suolo su cui sorge l’impianto di distribuzione dei carburanti – si possa inglobare il terreno nella nozione di stazione di servizio, ai fini dell’applicazione del coefficiente di ammortamento contemplato dal D.M. 31 dicembre 1988, come richiamato dall’art. 67 TUIR, nel testo ratione temporis applicabile.
Alle Sezioni Unite la questione se i terreni, anche se sede d’impianti di carburanti, siano o meno beni ammortizzabili: così ha deciso la Quinta sezione della Corte di Cassazione, con l’ordinanza interlocutoria n. 1703 del 2016.
Il fatto trae origine dal contenzioso instaurato tra una società e l’Agenzia delle Entrate. L’Agenzia delle Entrate, in relazione all’anno d’imposta 2003, ha accertato un maggior reddito imponibile ai fini delle imposte dirette, un maggior valore della produzione ai fini IRAP e maggiore imponibile ai fini IVA, rispettivamente scaturenti dal recupero a tassazione di costi non inerenti, di costi non di competenza, di ammortamenti indeducibili e di IVA indebitamente detratta in relazione a spese di rappresentanza e di energia elettrica.
In particolare, per quanto qui d’interesse, l’ufficio, unitamente ad altra questione, ha sostenuto che i terreni, anche se sede d’impianti di carburanti, non siano beni ammortizzabili. La società ha impugnato l’avviso, senza ottenere ragione in primo grado, mentre la CTR ha accolto il successivo appello proposto dalla contribuente, considerando, per l’aspetto in esame, che la circostanza che sul terreno insista l’impianto di distribuzione carburanti è idonea a comportarne l’inservibilità successivamente alla delocalizzazione dell’impianto, a causa degli alti costi occorrenti per la demineralizzazione, con la conseguente ammortizzabilità dei relativi costi di acquisizione.
Contro la sentenza proponeva ricorso per cassazione l’Agenzia delle Entrate, in particolare sostenendo che il giudice d’appello aveva erroneamente ritenuto che il terreno su cui sorge l’impianto di distribuzione dei carburanti rientri nel novero dei beni ammortizzabili secondo i coefficienti di ammortamento stabiliti dalla tabella approvata con apposito decreto ministeriale. Secondo l’ufficio, difatti, il terreno ha vita non limitata nel tempo e, nel caso in cui il valore dei fabbricati incorpori – anche – quello dei terreni su cui essi insistono, il valore di questi va scorporato, sulla base di stime, ai fini dell’ammortamento.
La Corte di Cassazione ha ritenuto di dover sottoporre la questione al Primo Presidente della Corte di Cassazione, ritenendo infatti sussistere motivi per un riesame della giurisprudenza sulla materia.
Ed invero, ricordano i giudici di legittimità, l’art. 67, comma 2, TUIR, nel testo applicabile all’epoca dei fatti, dispone, in tema di ammortamento dei beni materiali, che la deduzione delle quote di ammortamento è ammessa in misura non superiore a quella risultante dall’applicazione al costo dei beni dei coefficienti, stabiliti con apposito decreto del Ministro dell’Economia e delle finanze, per categorie di beni omogenei in base al normale periodo di deperimento e consumo nei vari settori produttivi.
Il D.M. 31 dicembre 1988, recante “coefficienti di ammortamento del costo dei beni materiali e strumentali impiegati nell’esercizio di attività commerciali, arti e professioni”, alla tabella Gruppo IX, specie 2 (Raffinerie di petrolio, produzione e distribuzione di benzina e petroli per usi vari, di oli lubrificanti e residuati, produzione e distribuzione di gas di petrolio liquefatto), nell’elencare specificamente i beni che compongono gli impianti stradali di distribuzione (chioschi, colonne di distribuzione, stazioni di imbottigliamento, stazioni di servizio), omette la citazione dei terreni.
Di qui la Cassazione, con alcune decisioni relative a terreni occupati da una stazione di servizio o da impianti stradali di distribuzione di carburanti ha tratto il principio secondo cui, in tema di imposte sui redditi, i terreni occupati da una stazione di servizio o da impianti stradali di distribuzione dei carburanti non rientrano tra i beni ammortizzabili.
Tanto ha fatto in base a due argomenti:
a) i terreni, in quanto tali, non vanno soggetti a logorio fisico od economico, anche quando siano strumentali all’esercizio dell’attività d’impresa; manca, secondo la Corte, uno dei presupposti cui è subordinato l’ammortamento dei costi di acquisizione dei beni dell’impresa, ossia il progressivo decremento del valore del bene, il quale avrebbe vita illimitata e sarebbe suscettibile, per sua natura, di un numero indefinito di utilizzazioni;
b) ad ogni modo, l’ammortamento, ai fini fiscali, deve essere previsto dal D.M. cui rinvia il T.U.I.R., di modo che l’omessa menzione dei terreni nel decreto è ostativa ad ammettere l’ammortizzabilità dei relativi costi di acquisizione.
Entrambi gli argomenti si prestano – secondo l’ordinanza qui commentata – a rilievi critici.
Quanto a quello sub a), perché non sembra predicabile l’esclusione, già in tesi, del decremento del valore del bene in questione, correlato alla sua vita illimitata.
In relazione all’argomento sub b), poi, eccessiva pare la rilevanza assegnata dalla Corte di cassazione all’omessa espressa menzione dei terreni, nel D.M. 31 dicembre 1988, nell’ambito della categoria contemplata dal gruppo IX, specie 2, dinanzi riportata.
Ed allora, dopo aver approfonditamente analizzato le ragioni a confutazione dei predetti argomenti, i giudici di legittimità concludono affermando che una volta ammessa, in tesi, la possibilità di un ammortamento dei costi di acquisizione dei terreni, con i coefficienti stabiliti per la stazione di servizio in essi incorporata, occorre accertare in fatto se il terreno dov’è ubicato un distributore di carburanti abbia utilizzabilità limitata nel tempo.
Sul punto, la CTR si era limitata a postulare l’inutilizzabilità dei terreni allorquando sarà delocalizzato l’impianto, “[…] attesa la notorietà del costo della demineralizzazione di detti terreni che li rende in pratica inservibili anche dopo la delocalizzazione dell’impianto cui facevano da sedime, per cui un riutilizzo di questi terreni è praticamente impossibile per gli alti costi che comporterebbe”.
La dismissione dell’impianto comporta, in effetti, l’insorgenza in capo al suo titolare, che deve sopportarne le spese, dell’obbligo di ripristino e di bonifica ambientale del sito dov’è allocato l’impianto dal quale può derivare pericolo d’inquinamento, a norma, all’epoca dei fatti, dell’art. 17, D.Lgs. n. 22/1997, secondo le norme attuative contenute nel D.M. 25 ottobre 1999, n. 471. Occorrerebbe, invece, verificare, puntualizzano i Supremi Giudici, se la bonifica del terreno ne impedisca, o no, l’utilizzazione anche come sedime di un impianto, pur emergendo già i dati del suo deterioramento, evincibile dall’obbligo di bonifica previsto dalla legge.
I profili di perplessità in ordine all’applicabilità dell’orientamento della Corte alla fattispecie in esame hanno indotto, allora, la Cassazione a sottoporre al Primo Presidente l’opportunità di devolvere alla cognizione delle Sezioni Unite le questioni volte a verificare se:
a) il divieto di ammortamento dei costi di acquisizione dei terreni si applichi anche nel caso in cui emerga che il terreno che funga da area di sedime di un impianto di distribuzione carburanti abbia possibilità di utilizzazione limitate nel tempo;
b) in virtù del regime di accessione che determina l’incorporazione dei fabbricati al suolo su cui sorge l’impianto di distribuzione dei carburanti, si possa inglobare il terreno nella nozione di stazione di servizio, ai fini dell’applicazione del coefficiente di ammortamento contemplato dal d.m. 31 dicembre 1988, richiamato dall’art. 67 TUIR, nel testo ratione temporis applicabile.

Corte di Cassazione, sez. trib., ordinanza 29.01.2016, n. 1703

Fonte: Ipsoa.

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