“Resistere non serve a niente”, Walter Siti indaga sui risvolti amari dell’Italia di oggi

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“La narrativa è più sicura: tanti editori avrebbero paura a pubblicare saggi su questi temi”. Inizia così l’ultima fatica letteraria di Walter Siti, “Resistere non serve a niente”, vincitrice dell’edizione 2013 del Premio Strega. La citazione è di Graham Greene e introduce subito il lettore nel vivo di un terreno accidentato, in cui temi scottanti e scomode verità diventano materiale per la costruzione di un grande romanzo contemporaneo. Attraverso la finzione Siti indaga quella che viene comunemente definita come “zona grigia” tra finanza e criminalità, un mondo corrotto, privo di moralità in cui “opprimere è un piacere, essere primi un imperativo e il possesso l’unica misura del valore”.
La struttura narrativa è complessa, multi-livello: da un lato l’autore fa agire e parlare gli attori della storia ma dall’altro dice la sua parlando al lettore e talvolta suggerendogli quelle motivazioni nascoste, sottese ai comportamenti dei personaggi. “Resistere non serve a niente” delinea gli aspetti più inquetanti della società attuale, delle implicazioni tra finanza e criminalità, in continua mutazione al punto che è difficile individuarla e combatterla.
Quello che l’autore vuole trasmetterci è che in realtà resistere serve o meglio che più che resistere è utile capire. E il romanzo fa proprio questo: la fiction, il racconto fittizio, ci aiuta nella comprensione del tempo presente. Non voglio puntare il dito contro i maestri di short selling, obbligazioni, swap, stradle, perché consapevole della complessità delle problematiche attuli ma di certo la lettura di quest’opera mi induce a respingere le proposte di oligarchie e riaffermare, nonostante tutto, la speranza che le Istituzioni siano guida e garanzia di percorsi valoriali per gli uomini.

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