Il presidente dell’Antitrust Pitruzzella, sì al blind trust anche in Italia

0
Si’ all’applicazione anche in Italia dell’istituto del ‘blind trust’ per “attuare la separazione degli  interessi patrimoniali rilevanti” nell’ambito delle norme sul conflitto di interessi. Non rileva “particolari criticità nell’applicazione del ‘trust cieco’, di derivazione anglosassone” anche in Italia il presidente dell’Antitrust Giovanni Pitruzzella, intervenendo in audizione alla Camera in una indagine conoscitiva.
Riferendosi alle proposte di legge presentate in materia, Pitruzzella rileva che esse “correttamente considerano rilevante ai fini della sussistenza di un’ipotesi di conflitto anche la mera proprietà di patrimoni di dimensioni rilevanti, indipendentemente dalla gestione degli stessi”.
“Al riguardo, si osserva tuttavia che la soluzione di specifica forma di incompatibilità, prevista per i titolari di un patrimonio superiore ad un certo importo, ipotizzata da talune proposte, appare suscettibile di rilievi di incostituzionalità, mentre – prosegue – la linea seguita dalla proposte Civati e Tinagli di trattare la questione in termini di conflitto di interessi, appare maggiormente condivisibile”.
Quanto poi alle misure proposte per attuare la separazione degli interessi patrimoniali rilevanti, “in  linea con gli istituti già applicati con successo in altri ordinamenti giudici, non ravvedo particolari criticità nell’applicazione del ‘trust cieco’, di derivazione anglosassone”, afferma Pitruzzella.
Al riguardo, “tengo a precisare che l’attribuzione all’Autorità antitrust del potere di controllo e vigilanza sull’operato del trustee, o sul mandato fiduciario risulta coerente con le professionalità presenti all’interno dell’Autorità in ragione delle contigue competenze già in capo all’istituzione, seppure potrà risultare necessario, in considerazione dell’onerosità del compito, un rafforzamento delle risorse a ciò dedicate”, conclude.

«Immaginiamo un fil rouge con l’esposizione universale», conferma l’ad di Prelios Sgr, Paolo Scordino. Partenza con il botto, annunciata dall’ultima tappa prima dell’inizio dei lavori: la presentazione alle imprese, e alla città, delle credenziali della Disneyworld del food, con un sito (www.eatalyworld.it) aperto alle candidature dei potenziali fornitori e delle aziende che vorranno ritagliarsi uno spazio nel parco tematico. «Stimiamo la presenza di ottanta imprese – spiega Tiziana Primori, vice presidente di Eataly – e la creazione di una rete di 2mila fornitori». Le imprese saranno scelte in base a tre criteri. Prima di tutto dovranno operare nel settore delle eccellenze alimentari del made in Italy. «Inoltre la selezione – prosegue Primori – dovrà garantire la rappresentatività del sistema produttivo e di tutta la filiera italiana del food. Ci saranno piccole, medie e grandi aziende».

Progetto ambizioso, che punta anche ad allevare start-up nel campo alimentare. Il parco non sarà solo una specie di campus della ristorazione – ospiterà venti ristoranti – ma anche una grande aula didattica per l’educazione alimentare, a disposizione delle scolaresche. Sarà dotata di orti e coltivazioni dimostrative, di allevamenti (5) e di acquari (2), di negozi e aree di vendita, di un centro congressi da 600 posti. Ospiterà eventi culturali, dimostrazioni di show cooking, concerti. Per attirare, in base alle stime, quasi 6 milioni di visitatori all’anno, partendo dalla dote dell’Expo. «Non stiamo parlando di un laboratorio in vitro – dice il presidente del Caab, Andrea Segrè – ma di una grande fattoria didattica che può sostenere anche l’incremento dell’export agroalimentare italiano nel mondo». Grazie al servizio di Infocamere le candidature saranno integrate dai dati dei registri delle imprese. E se c’è un nodo ancora irrisolto, riguarda il collegamento con il centro urbano. Tema sul tavolo del Comune. «Con la Regione – dice Matteo Lepore, assessore all’Economia e promozione della città – stiamo valutando l’ipotesi di autobus o collegamenti con i mezzi elettrici».

Share.

About Author

I commenti sono chiusi