La disciplina del sovraindebitamento

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Il procedimento di liquidazione del patrimonio: una via di uscita dai debiti per le famiglie e le piccole imprese “non fallibili”.

I soggetti in perdurante squilibrio economico tra le obbligazioni assunte (pagamenti da effettuare) ed il patrimonio liquidabile, con impossibilità di far fronte ai propri impegni, possono accedere alle procedure di composizione delle crisi da sovraindebitamento.

La norma é stata introdotta, in questi tempi di forte crisi economica e finanziaria, per la necessità di attribuire alle situazioni di insolvenza (sovraindebitamento) del debitore non fallibile (piccole imprese o società artigiane, ad esempio) ovvero del consumatore la possibilità della cancellazione dei debiti al fine di ripartire da zero (di qui l’espressione fresh start utilizzata in tali ipotesi) e di riacquistare un ruolo attivo nell’economia, senza restare schiacciati dal carico dell’indebitamento preesistente.
La legge prevede tre distinti istituti: l’accordo in rimedio del sovraindebitamento, il piano del consumatore e una procedura di liquidazione dei beni, alternativa alle due precedenti procedure.
Le tre procedure.
Il consumatore ha a disposizione tre diverse procedure:
1. Accordo con i creditori. È necessario che la proposta sia sottoscritta e approvata dai creditori che rappresentino almeno il 60% dei crediti.
2. Piano del consumatore. Questa procedura si rivolge ai consumatori, ossia alle persone fisiche, che hanno contratto debiti solo per scopi estranei all’attività imprenditoriale o professionale eventualmente svolta. A differenza del precedente “Accordo con i creditori”, in questo caso non è necessario l’accordo e il consenso dei creditori. L’importante è che il piano presentato dal debitore assicuri ai creditori una soddisfazione maggiore di quella che si avrebbe attraverso la liquidazione di tutti i beni del consumatore (vedi sotto). Il debitore presenta una lista di beni da vendere con il cui ricavato verranno estinti i debiti secondo un piano di rientro. I requisiti per accedere al “Piano del consumatore” sono i seguenti: – situazione di sovraindebitamento; – solo soggetti esclusi dalle procedure concorsuali previste nella legge fallimentare (ossia consumatori, artigiani, professionisti, ecc.); – non aver usufruito di tale stessa procedura nei 5 anni precedenti; – non aver subito la risoluzione, revoca o cessazione degli effetti del piano del consumatore; – essere in possesso di documentazione che consente di ricostruire compiutamente la propria situazione economica e patrimoniale.
3. Liquidazione del patrimonio. In alternativa al piano del consumatore, si può chiedere la liquidazione (ossia la vendita) di tutti i propri beni. In altre parole, tutte le volte in cui non sia possibile agire attraverso il piano del consumatore, che permette una certa libertà di scelta sui beni vendere, si cedono tutti i propri beni (ad eccezione di alcuni impignorabili) per avere l’esdebitazione. Si può accedere a questa procedura anche se si è soggetti a procedura concorsuali diverse o se si è già fatto ricorso nei precedenti cinque anni al piano del consumatore o all’accordo con i creditori (condizioni che invece non permettono di accedere alle altre due procedure). In tal modo, si è costruito un istituto alternativo all’esecuzione forzata giudiziale (che presuppone una posizione di soggezione sostanzialmente passiva del debitore esecutato e che si svolge secondo schemi estremamente rigidi e poco flessibili di liquidazione dei beni), da applicarsi nei casi in cui il debitore sia un soggetto attivo che intenda collaborare nella gestione della propria crisi e abbia un patrimonio o un’attività produttiva di reddito che lo mettano in condizione di proporre un accordo interessante per i suoi creditori.
Mentre le prime due hanno una funzione e quindi una finalità di ristrutturazione della debitoria, la procedura di liquidazione dei beni ha, come indica l’ espressione letterale stessa, finalità di liquidazione del patrimonio del debitore.
Nello specifico la procedura di liquidazione dei beni del debitore, che si apre con la domanda del solo debitore e che riguarda l’intero patrimonio di quest’ultimo, salvo i beni espressamente esclusi.
Nei casi di revoca, cessazione di diritto, annullamento e risoluzione dell’accordo o del piano del consumatore, la liquidazione dei beni si apre d’ufficio.
La procedura di liquidazione, aperta con decreto del Giudice, è attuata da un liquidatore nominato dal giudice e le cui funzioni possono essere svolte dallo stesso organismo di composizione della crisi.
I presupposti per l’avvio della procedura di liquidazione
La procedura di liquidazione del patrimonio del debitore può essere utilizzata sia dal consumatore che dalla impresa non soggetta al fallimento.
Per quanto riguarda le società, tale procedura non deve essere confusa con quella di liquidazione della società (prevista dagli artt. 2272 – 2283 c.c. per le società di persone e dagli artt. 2484 – 2496 c.c. per le società di capitali e cooperative) perché quest’ultima è la conseguenza dello scioglimento della società, cosa che non è nella liquidazione del patrimonio che serve soltanto a risolvere una crisi da sovra indebitamento, ma non a sciogliere la società, la cui attività prosegue.
L’art. 14-ter della Legge 3/2012 stabilisce che il debitore in stato di sovraindebitamento “in alternativa alla proposta per la composizione della crisi […] può chiedere la liquidazione di tutti i suoi beni” se non è soggetto alle procedure fallimentari disciplinate dal RD 267/1942 e se non ha fatto ricorso, nei precedenti cinque anni, alle procedure paraconcorsuali disciplinate dalla Legge 3/2012.
La liquidazione, infatti, ha natura concorsuale e collettiva.
Le fasi in cui si articola la procedura di liquidazione sono quelle tipiche della procedura fallimentare.
Vi è una fase di apertura che può essere o su domanda dell’interessato o per attività di conversione – nei casi previsti dalla legge – delle precedenti procedure in questa procedura di liquidazione. Vi è la nomina del liquidatore, ossia di un soggetto che ha la responsabilità di gestire e realizzare l’attività di liquidazione.
Vi è un’attività di liquidazione la quale è formalizzata in un programma di liquidazione, ma sono anche previste le classiche fasi della inventariazione dei beni, della realizzazione dello stato passivo e poi ovviamente della liquidazione dei beni medesimi. Non è espressamente stabilita un’ulteriore fase, quella del riparto, ma la stessa è nella natura delle cose, in quanto dalla liquidazione i proventi dovranno essere distribuiti secondo le regole operanti del concorso ai creditori con titolo o causa anteriori all’apertura della procedura di liquidazione.
La procedura di liquidazione rimane aperta fino alla competa esecuzione del programma di liquidazione ed, in ogni caso, ai fini dell’art. 14-undecies, per i quattro anni successivi al deposito, cioè alla presentazione della domanda da parte del debitore (4° comma dell’art. 14-quinquies). Il fine dell’art. 14-undecies è quello di acquisire alla massa attiva della liquidazione i beni e i crediti del debitore sopravvenuti nei quattro anni successivi al deposito della domanda citata, per poi liquidarli e soddisfare anche con le somme così ricavate i creditori ammessi al passivo della liquidazione.
L’esdebitazione nella procedura di liquidazione del patrimonio
Al debitore persona fisica «di buona condotta» può essere concesso il beneficio dell’esdebitazione che produce la liberazione dai debiti residui nei confronti dei creditori concorsuali e non soddisfatti.
In pratica, per l’ottenimento del beneficio, vale a dire la liberazione dall’obbligo di pagare i debiti residui non soddisfatti nei confronti dei creditori concorsuali, il debitore deve aver cooperato al regolare ed efficace svolgimento della procedura, non deve avere in alcun modo ritardato o contribuito a ritardare lo svolgimento della procedura stessa; non deve essere «recidivo» (e, quindi, non deve aver beneficiato di altra esdebitazione negli otto anni precedenti la domanda); non deve essere stato condannato, con sentenza passata in giudicato, per uno dei reati previsti dall’articolo 16; deve aver svolto, nei quattro anni di cui all’articolo 14-undecies, un’attività produttiva di reddito adeguata rispetto alle proprie competenze e alla situazione di mercato o, in ogni caso, abbia cercato un’occupazione e non abbia rifiutato, senza giustificato motivo, proposte di impiego ed infine, siano stati soddisfatti, almeno in parte, i creditori per titolo e causa anteriore al decreto di apertura della liquidazione.
Studio Giuliano e Di Gravio

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