Bancarotta. Pene accessorie in misura fissa

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La Cassazione conferma che il divieto di esercitare impresa o uffici direttivi è sempre per 10 anni
L’imprenditore responsabile del reato di bancarotta fraudolenta, pur se condannato alla pena minima, ben può essere interdetto dallo svolgere incarichi direttivi presso altre imprese per un decennio. È quanto emerge dalla sentenza n. 35920/14 della Corte di Cassazione.

La Sezione feriale della Suprema Corte ha respinto il ricorso di due imprenditori condannati per il reato di bancarotta fraudolenta al minimo della pena – 1 anno e 4 mesi di reclusione – ma con la sanzione accessoria dell’inabilitazione all’esercizio di un’impresa commerciale e dell’incapacità a esercitare uffici direttivi presso qualsiasi impresa per la durata di dieci anni, per come previsto dall’ultimo comma dell’articolo 216 della Legge Fallimentare.

Il supremo collegio ha respinto la domanda dei ricorrenti di remissione alle Sezioni Unite per un asserito conflitto giurisprudenziale sul mancato allineamento della pena accessoria a quella principale. A giudizio degli Ermellini non è più possibile parlare di un conflitto circa la durata della pena accessoria perché la questione è da considerarsi definitivamente risolta alla luce della giurisprudenza più attuale.

La sentenza n. 628/2014, pubblicata dalla Suprema Corte lo scorso gennaio, ha infatti dato atto del dibattito pregresso sul punto, concludendo per la conferma dell’indirizzo secondo cui la pena accessoria che consegue alla condanna per il delitto di bancarotta fraudolenta ai sensi dell’art. 216, ultimo comma, Legge Fall., è indicata in misura fissa e inderogabile dal legislatore nella durata di anni dieci, quindi a prescindere dalla durata della pena principale.

Ad analoga conclusione era già giunta la sentenza n. 796/2013, conformandosi a numerosi precedenti (Cass. n. 30341 del 2012; n. 42731/2012; n. 269 del 2010; n. 17690 del 2010).

L’applicazione delle sanzioni accessorie è invece da escludere in caso di patteggiamento, quando la pena non superi i due anni di reclusione (Cass. n. 16083/2011). Il disposto di cui all’ultimo comma dell’articolo 216 L.Fall. non può infatti ritenersi norma speciale, prevalente su quella di cui all’articolo 445/1 c.p.p., “atteso che tale ultima disposizione ha una portata generale, che prescinde dalla natura del reato per il quale debba essere applicata la pena accessoria, tenendo conto solo dell’entità della pena detentiva, che, se inferiore ai due anni, comporta l’automatica esclusione appunto di pene accessorie” (cfr. Cass. n. 17954/2014).

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